Papille, il seguitissimo critico gastronomico fuori dagli schemi, amato dal popolo e temuto dai più grandi chef, perde l’uso della lingua e del gusto per la vendetta di uno chef stellato.
Puntate precedenti
Capitolo 1 – Panace di Mantegazza
Capitolo 4 – Mignon vegani, alici, cacao e melanzana
Capitolo 6 – Pomodoro Ciettaicale
Capitolo 9 – Zuppa di pipistrello
Capitolo 10 – Tramezzino pollo e insalata all’obitorio
Capitolo 16 – Rosmarino e basilico
Capitolo 17 – Falange di granchio oceanico
Capitolo 27 – Cucciolo di cinghiale
Capitolo 30 – Crostatina alla marmellata
Capitolo 33 – Cassette di pomodoro
Capitolo 35 – Croccante alle mandorle panna allo zabaione e erbe di campo
Capitolo 39 – Coulis di mirtilli, more e lamponi
Capitolo 40 – Riduzione d’aceto
Capitolo 41 – Carciofi sott’olio
Capitolo 43 – Sashimi di Salmone
Capitolo 44 – Battuto di Fassona
Capitolo 45
Scaloppine al vino
Dalla porta d’ingresso si intravedono le ombre di giornalisti fuori dal locale, si muovono nei dintorni come iene in attesa del pasto. Conoscere chi sarà lo Chef dell’Accricco, o come Papille abbia restaurato il locale dove lavorò il padre è la curiosità del momento. Provano a scattare foto dal vetro fumè, senza però riuscire a distinguere le due figure sedute in sala.
Sagripanti apre la bocca lento, le due cicatrici ai lati del viso sono ancora visibili. Guarda Papille, poi il cucchiaio. Socchiude gli occhi e assaggia.
Sente l’alloro, il rosmarino e la freschezza dell’aneto. I funghi trifolati acuiscono il sapore dando una nota di terra e umido, l’olio è fruttato.
– È la z-zuppa che mio pad-dre fac-ceva a cas-sa l-la d-domenica.
Sagripanti accenna un sorriso. Muove la bocca, i segni permanenti ha detto il chirurgo, saranno solo quelli estetici. Due piccoli chiodi uniti da una stanghetta di ferro escono da sotto l’orecchio sia a destra che a sinistra e seguono metà mandibola.
– Non ti fa impressione guardarmi? – Sagripanti chiede a Papille, – si girano tutti quando mi incrociano.
Papille continua a guardarlo.
– Perché mi hai voluto vedere?
– P-perc-ché hai accettato di ved-der-mi?
– Perché hai ritirato la denuncia contro di me.
– D-evi fa-re una cosa per-r me.
La brigata in cucina si ferma, sono tesi verso la sala per sentire cosa i due si stiano dicendo. Guardano il profilo di Papille. Non appare più dismesso come nelle foto sui giornali di poche settimane prima. Ha ricominciato a indossare abiti eleganti, ma non porta con sé il suo taccuino. Il giovane pasticcere si sporge.
– Quei due sono strani.
– Sì, ma su ragazzi, torniamo sulle scaloppine.
Il giovane cuoco esorta gli altri.
Sagripanti guarda Papille.
– Dev-vi lavor-are per me.
Sagripanti posa il coltello al lato del piatto. Si pulisce con attenzione la bocca, strofina la salvietta rosa pallido sulla pelle, evita di sfiorare il viso per non superare il perimetro delle labbra. Si alza.
– Posso uscire dal retro? – Dice indicando un giornalista che dall’esterno schiaccia il viso sul vetro opaco.
– S-iediti. – Dice Papille.
Sagripanti resta in piedi, ricambia lo sguardo. Poi si guarda intorno. Tocca con la mano i chiodi piantati nelle mandibole per agevolare il movimento. E si risiede.
– Non lavorerò per te.
Papille non risponde subito, sfiora il tovagliolo con le mani e lo piega. Guarda i giornalisti, le loro ombre. Poi la cucina.
Mette una mano in tasca ed estrae un telefono.
Sagripanti muove le mani, strofina i polpastrelli sui palmi.
Papille sblocca il dispositivo, sfiora lo schermo e apre le foto, poi la sezione video.
C’è un solo video. Sagripanti stringe i denti, prova dolore.
Papille mette play.
Nel video c’è Linda in lacrime. Renato. E lo Chef.
– Fermalo.
Papille accenna un no.
– Fermalo subito. – Alza la voce Sagripanti. Scatta e prende Papille per la giacca.
– Dovevo ammazzarti. Dovevi morire. Io volevo solo rendere giustizia alla cucina, la mia era arte, io sono un artista. E tu. Tu. Con quell’aria, con le tue calunnie. Hai distrutto tutto. Tutto.
Lo strattona. Dalla cucina escono tutti i ragazzi della brigata, ma Papille li ferma con un cenno della mano.
Lavorer-rai per-r me. Come lavapiat-ti.
Papille non muove un muscolo, attende.
Sagripanti lascia la presa. Si siede di nuovo e porta le mani alla fronte.
– Ti ucciderò. – Bisbiglia.
– Dom-mani, pe-r l’inaug-urazione. Sar-ai qui al-le cinque.
Papille nota i suoi occhi arrossati con un velo di pianto.
– Domani. – Ripete lo Chef.
– Es-ci d-dal r-retro.
Sagripanti esegue, inerme. Si alza e si allontana, passa davanti al bambino, lo guarda e attraversa la cucina e china la testa per non incrociare gli sguardi della brigata. Esce dalla piccola porta sul retro.
In sala Papille resta seduto al tavolo. Si guarda intorno, il locale nella penombra lo riporta a quando da bambino correva tra i tavoli.
Uno dei ragazzi dalla cucina guarda due piatti di scaloppine al Marsala pronti per essere serviti. Prende un solo piatto, attraversa la sala e lo serve.
– Il b-brodo è piac-iuto. Ov-viamente. Sorride Papille senza guardarlo.
Il giovane sorride a sua volta, imbarazzato dall’aver creduto Papille parlasse con lui, mentre invece parla da solo. Si allontana, continuando a sorridere.
Papille guarda il telefono. Apre le foto e di nuovo il video, passa il dito sulla schermata e preme il cestino.
Elimina definitivamente?
Preme sì.
Ricorda il giorno in cui suo padre morì. Lui a cena mangiò delle scaloppine al vino Marsala, lì all’Accricco dove suo papà lavorò trent’anni.
Le assaggia ora. Una nota di dolce punge la punta della lingua, delicata, impercettibile, Papille si chiede sia il ricordo o il gusto che torna. Si concentra, poi il sapore sfugge via. Nel nulla. Mastica. Deglutisce e di nuovo si concentra per trovare anche solo l’ombra del gusto. E lieve l’amaro ricopre il retro della lingua. Pensa di aver fatto bene a volerle nel menu definitivo, perché così il ricordo resti scritto chiaro, cucinato, mangiato, condiviso, spezzettato e digerito da altri. Non più solo da lui.