Papille: Capitolo 3 – Ferite

Nel cercare i denti con la lingua, immagina una farfalla che fende il vuoto con le ali. Con la lingua ai denti non ci arriva più.

L’arpione di metallo fissato all’interno delle guance divarica la bocca di Papille in una smorfia.

All’interno della bocca si muove un gancetto robusto con luce a neon che illumina cicatrici, trachea e palato.

Con una pinza a becco, il medico picchietta ai lati della lingua, poi al centro.

– Sente qualcosa?

No, muove la testa Papille.

– A questo punto, non resta che tagliare.

Il chirurgo posa la pinza, prende delle cesoie, le infila nella bocca di Papille e taglia la lingua che schizza via seguita da un fiotto di sangue.

Il soffitto di casa. C’è il suo lampadario turco con le lampadine affusolate che gli piacciono ancora tanto. Apre la bocca, tocca la parte di lingua rimasta e sui polpastrelli sfilano duri bozzi cicatrizzati.

Meglio alzarsi.

In bagno si specchia. Strizza la barba lunga di settimane con dell’olio di canapa. Si lava la faccia più volte con acqua fredda e la pelle si solca di migliaia di minuscoli brividi.

Tira fuori dalla bocca il moncone. Lo muove su e giù, destra, sinistra. Sembra un grosso gambero in fin di vita, pensa.

L’unico angolo che potrebbe tornare a funzionare, ha detto il chirurgo maxillo-facciale che lo ha operato tutte e sette le volte, è sulla parte posteriore a sinistra. Dove si percepisce l’amaro.

Il collo invece è tornato rosa pallido, privo dei segni della corda durati non più di una settimana.

Nel cercare i denti con la lingua, immagina una farfalla che fende il vuoto con le ali. Con la lingua ai denti non ci arriva più.

Gli hanno spiegato all’ospedale che il cervello deve ancora abituarsi; si tratta di una forma lieve della sindrome dell’arto mancante. Eppure la lingua ce l’ha, ne manca un pezzo, l’estremità che sbatteva sul palato, ma ce l’ha.

Il cervello non si arrende alla perdita.

Si copre il volto con le mani. Ricorda la lingua solleticargli il palato, la sente, poi la vede roteare prima di un assaggio: completa, tagliente, poderosa.

Dallo studio il computer suona. È l’avviso della ricezione di un messaggio Telegram su desktop. Papille distoglie il pensiero dai ricordi e si precipita.

– Nico! – Pensa.

Apre la chat.

Nico Scrive: “Ciao! Ho le informazioni di cui necessiti. È la Doubless s.r.l. a possedere gli appezzamenti in Basilicata di cui mi hai chiesto informazioni. I terreni agricoli sono adibiti alla coltivazione di pomodoro. La compagine societaria è formata da tre soggetti. Due persone fisiche e una società in quota minoritaria, la RS s.r.l. Vendono in tutto il nord Italia e nel centro Europa. E sono stati fatti accertamenti dall’ispettorato del lavoro anni fa, finiti nel nulla però e non saltati alla cronaca.”

Papille scrive: “RS…?”

Nico scrive: “RS. Rosa Sarpi. Possiede il cento per cento delle quote. Credo sia la conferma che cercavi.”

Papille scrive: “Lo sapevo. Lo sapevo!”

Nico scrive: “E ora?”

Papille scrive: “Lo sai.”

Nico scrive: “Te la senti davvero? Pensaci”.

Papille scrive: “Ne abbiamo già parlato. Ti prego di non insistere più.”

Nico scrive: “Sono solo preoccupato.”

Papille scrive: “Lo so. Grazie. Sei il miglior consulente finanziario che si possa avere e un buon amico. Anche in questo periodo buio. Passo presto a trovarti.”

Nico scrive: “Fai attenzione. A presto.”

Abbassa lo schermo del computer portatile per lasciarlo in standby.

Nico è ancora l’unico a cui permetto di darmi del tu. Pensa Papille. Sorride grattandosi le guance.

– È empo i pomooro Scoanum ! – Grida.

Pomodoro Solanum. Pensa.

Inspira con il naso mentre stringe i pugni. Non sente neanche più l’aroma delle erbe officinali sparse per la casa. Le Mont-Blanc sulla scrivania sono coperte di polvere, le punte incrostate di inchiostro secco. Sulla vecchia libreria sono sparsi premi, lettere minacciose di Chef in rovina incorniciate in oro, una natura morta e una vecchia caffettiera regalata dall’oste Arcangelo Dandini, gran cuoco, grande uomo, uno dei pochi.

La mia vecchia vita.

Il lucernario sul lato sinistro del soffitto lascia entrare un raggio di sole. La finestra più in basso affaccia su un muro dirimpetto reso vivace dal graffito di un enorme forchetta a testa in giù. Dallo studio Papille riesce a intravederne solo le quattro punte.

Sono davvero pronto? Pensa.

– Scioo avveo pvomco? – Dice. Spinge sul palato forzando il dorso del moncone.

Tira un pugno, poi un altro sulla gamba e uno di nuovo nel vuoto.

Raccogliere pomodori in Basilicata. Infila due dita nella barba e si gratta.

Sul taccuino appunta a matita:

Abbigliamento anonimo, niente più completi. Sottolinea due volte.

Biglietti treno per Potenza.

Biglietti corriera per Tolve.

Borsa con effetti personali.

Matite, niente penne o taccuini vistosi. Sottolinea due volte.

Pochi soldi contanti.

Niente carte di credito. Sottolinea due volte.

Patente.

Scrive in corsivo ordinato, rilegge la lista e si interrompe per un colpo di tosse. Tossisce forte. Allontana le mani dalla bocca e tossisce di nuovo. Sui palmi rimangono sangue e un liquido denso giallastro. Si siede sul pavimento quando suona il telefono cellulare.

Tossisce, sbuffa e si alza per rispondere. È il primario del Niguarda che lo segue:

– Signor Papille, sono Renzi. La disturbo? Dovrei parlarle del risultato delle analisi polmonari a seguito dell’ultima operazione.

– Ottoe buoniovno.

– Sento che stiamo migliorando con la pronuncia. Bene!

– Mmh. Mi ica.

– È una questione delicata, preferirei vederla di persona. Domani mattina alle 9:00 è possibile?

– Shi. –

– A domani allora, non si sforzi troppo.

Continua…

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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