Papille: Capitolo 40 – Riduzione d’aceto

Nella notte lucana, senza rumori, i due camminano lenti. Le scarpe del bambino strusciano la terra alzando sbuffi di polvere.

Papille, il seguitissimo critico gastronomico fuori dagli schemi, amato dal popolo e temuto dai più grandi chef, perde l’uso della lingua e del gusto per la vendetta di uno chef stellato.

Puntate precedenti

Capitolo 1 – Panace di Mantegazza

Capitolo 2 – Cappio

Capitolo 3 – Ferite

Capitolo 4 – Mignon vegani, alici, cacao e melanzana

Capitolo 5 – Strazzata lucana

Capitolo 6 – Pomodoro Ciettaicale

Capitolo 7 – Battuto d’occhio

Capitolo 8 – Sardine

Capitolo 9 – Zuppa di pipistrello

Capitolo 10 – Tramezzino pollo e insalata all’obitorio

Capitolo 11 – Lampare

Capitolo 12 – Pesce fresco

Capitolo 13 – Entrée

Capitolo 14 – Mani nel sacco

Capitolo 15 – Pinzimonio

Capitolo 16 – Rosmarino e basilico

Capitolo 17 – Falange di granchio oceanico

Capitolo 19 – Paella

Capitolo 20 – Menabrea

Capitolo 21 – Latte materno

Capitolo 22 – Mela

Capitolo 23 – Sangria

Capitolo 24 – Peperoncino

Capitolo 25 – Crema di caffè

Capitolo 26 – Cuore di maiale

Capitolo 27 – Cucciolo di cinghiale

Capitolo 28 – Bacon e uova

Capitolo 29 – Carne o pesce?

Capitolo 30 – Crostatina alla marmellata

Capitolo 31 – Foie gras

Capitolo 32 – Crackers

Capitolo 33 – Cassette di pomodoro

Capitolo 34 – Totano crudo

Capitolo 35 – Croccante alle mandorle panna allo zabaione e erbe di campo

Capitolo 36 – Ossa di Pollo

Capitolo 37 – Ricci di mare

Capitolo 38 – Melanzane viola

Capitolo 39 – Coulis di mirtilli, more e lamponi

Capitolo 40

Riduzione d’aceto

La strada sterrata che si allontana dal casolare non ha illuminazione. La macchina nera, una BMW berlina vecchia di quattro modelli, sfreccia con un solo faro funzionante.

Renato, alla guida, grida al telefono tra la spalla e l’orecchio. Con la mano libera lo sfila e lo sbatte sul volante. Quando la macchina sbanda, traffica per mettere il viva voce lo tira sul sedile. Si gira verso il telefono perché l’interlocutore possa sentire meglio la voce.

– Il cazzo di questi albanesi di merda. Mi mandi questi albanesi di merda li pago e li campo e gli devo pure pulire il culo quando si fanno inculare da uno YouTuber, pure senza lingua e con le mani legate?

Dal telefono arriva la voce di Carletti.

– Renato, stai calmo. Il bambino?

– Eh. Le domande le faccio io. Tu mi dai le risposte.

– Dimmi.

– Mauro come sta?

– Renato, male. L’operazione diciamo è andata. Ma non ha più mobilità alla mandibola, lo aspetta una lunga riabilitazione. Ma è presto per dirlo.

Renato scoppia in una risata forzata, rumorosa.

– L’ho sempre detto che è un coglione. Te lo immagini a balbettare a quelle là, come si chiamano, quelle cose là che fa lui tutto in tiro e racconta due cazzate sulle riduzioni d’aceto e crostini di merda e tutti lì ad ascoltare e a sbavare. Dai come cazzo si chiama, identità non so cosa, golose, gioiose. Con tutti che lo compatiscono e che è un esempio di forza e ‘ste cazzate. Che ce l’ho messo io lui lì.

Ride di nuovo. Il telefono resta muto.

Il casolare è sempre più vicino. Renato tiene entrambe le mani sul volante e le sbatte con forza. Non si è allontanato più di qualche chilometro.

– Renato, senti, il bambino? E la donna?

– Chi cazzo fa le domande? Io ti pago per fare domande o per trovare risposte?

Passa qualche secondo.

– Rispondimi, io ti pago per fare domande o per trovare risposte?

– Per trovare risposte Renato.

– E allora. Aggiornami su Mauro e ricordati cosa deve raccontare ai medici, niente polizia niente domande. Risposte.

Carletti resta in silenzio. Pensa a quando decise anni prima di mettersi in affari con questa gente. La mattina ha visto in televisione quella sud americana delle pulizie nel suo studio. Un problema, ha pensato. La polizia farà domande.

– Va bene Renatino, ok. 

Ma Renato ha già attaccato. Il faro della BMW saltella sulla terra tra le pietre, rallenta.

Spegne le luci, si accosta e prende il telefono.

@Renato scrive: dove stai? Io sono a cinquanta metri. Dimmi se quello gira ancora nei dintorni.

Lascia scivolare il sedere sul sedile, la grossa pancia gonfia nasconde la cintura di sicurezza che passa all’altezza dell’inguine.

– Quanto cazzo ci mette a rispondere. Sta legato il coglione. Legato. E ora non risponde. – Strilla dentro la macchina.

Decide di aspettare. Per non rischiare, per arrivare preparato. La tensione la gode, la sente può lasciarla crescere. Ha ancora l’adrenalina sulla mano. Pirotecnico il tagliare la gola a quella, ma meglio il ragazzino non abbia assistito. Comunque il problema non è se Papille scappa, ma se arriva lui impreparato e si fa sorprendere. Ormai il video ce l’ha. Sprofonda ancora sul sedile in pelle. Prende il telefono e apre la galleria delle foto. Il video di Papille è lì. Mette play, manda avanti, si sente bene e si vede nitido.

Ride.

– Sto coglione. – Dice.

Torna indietro e tra i video ne intravede alcuni che conosce. Uno con due rumene, uno con Linda, uno con una bella negretta. Sente calore sotto la cintura.

Ne apre uno. Poi pensa all’albanese.

Apre i messaggi lasciando in background le immagini.

@Renato scrive: coglione rispondi. Rispondi o vengo lì e sparo a tutto quello che si muove te compreso.

– Per Dio. – Esclama.

Torna sui video. Mette play. La ragazza di colore è la moglie di un bracciante. Per farlo lavorare, se l’è scopata per bene e le ha pure pisciato addosso. Pensa.

Ma tanto poi senti, ha pensato quando parlava con il marito di lei: I soldi li ho, una bella negretta esotica con queste due tette di marmo è pure poco per me, gli faccio un favore a sto negro. Vuoi lavorare, mi fai divertire con tua moglie. Ed è andata.

Nel video la donna si contorce, Renato è sudato e nudo. Si fa fare tutto la negretta, si ricorda bene. Ma ingravidarla no, non ci ha pensato un attimo. Dal sedile della macchina sorride.

È grasso, lo riconosce. Ma si vede che alla fine a quella le piace pure che ci infila un paio di verdure. Manda avanti il video per trovare quel punto. Ride e sbuffa.

Gli piace rilassarsi prima di dover fare qualcosa di difficile, dove c’è tensione.

Mica è sempre in tiro, sempre sul pezzo. Pensa. Ci vuole uno sfogo e rivedersi va bene.

Il video scorre, l’albanese non risponde. Renato si aggiusta i pantaloni e i boxer tenendo la mano giù più a lungo del dovuto.

La ragazza di colore è nuda e Renato non la guarda, si guarda. Ha in mano una bottiglia e una zucchina.

In quel momento arriva la notifica di un messaggio da Adrian.

@Adrian scrive: È andato, andato via, io ho visto lui andare verso campi correndo.

Pure le virgole mettono gli albanesi, pensa leggendo il messaggio. Ma poi si distrae con Papille. Hai capito il vigliacco di merda, ha mollato il cadavere dell’amichetta, il ragazzino e via.

Riaccende la macchina, tiene i fari spenti e procede in prima, senza accelerare.

Dopo pochi metri decide di lasciare l’auto a distanza per proseguire a piedi.

È strano sia scappato così. Pensa però. Riflette che è difficile nella sua situazione non cercare di estorcere informazioni a un uomo immobilizzato, o non cercare di trovare il ragazzino, non cercare di riprendere il cellulare.

Il pensiero poi va alla zucchina bella grossa tra le gambe della negra. Che troia, pensa. Ma torna subito concentrato. Accosta di nuovo e scende dall’auto. Cammina. Il casolare è a meno di dieci metri.

Nella sua vita, per arrivare a trattare di braccianti e prostitute, al livello di dare noia alle mafie del posto, non commette errori. E pensa a Papille. Quando capitano, gli errori li elimina.

Ma Papille è ancora lì. No, non se ne è andato, più si avvicina più gli è nitida l’idea che Papille sia ancora lì e che ci sia qualcosa che non quadra.

Si blocca. Torna indietro fino alla macchina.

Apre il porta bagagli. È buio e vede solo movimenti di un’ombra. Punta il telefono attivando lo schermo con le dita.

Legato e imbavagliato c’è il figlio di Linda. Renato tira fuori il coltello, pensa alla madre del ragazzino e a come sia caduta a terra, tipo un sacco di patate.

Poi guarda il bambino. Lui pure ha perso la mamma che aveva la sua stessa età, gli sembra di sì, che avesse più o meno quell’età ma non gliene è mai importato molto.

Taglia la corda intorno alle caviglie del piccolo e lo tira fuori dalla macchina.

– Sei un uomo no? Un ometto con i connotati giusti. Quindi adesso cammini ed eviti di farmi arrabbiare. E lo strattona.

Il bambino non risponde, resta fermo. Guarda la chiazza scura sui pantaloni della tuta.

– Non dirmi che ti sei pisciato sotto.

Lui fa cenno di no.

– Ora te la tieni. Vedi di dimostrare di non essere una femminuccia per Dio.

Nella notte lucana, senza rumori, i due camminano lenti. Le scarpe del bambino strusciano la terra alzando sbuffi di polvere.

Entrano nella proprietà. Renato rallenta, tiene per la maglia il bambino. Avanza stringendolo a sé con forza e con l’altra mano gli avvicina il coltello al collo.

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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