Papille, il seguitissimo critico gastronomico fuori dagli schemi, amato dal popolo e temuto dai più grandi chef, perde l’uso della lingua e del gusto per la vendetta di uno chef stellato.
Puntate precedenti
Capitolo 1 – Panace di Mantegazza
Capitolo 4 – Mignon vegani, alici, cacao e melanzana
Capitolo 6 – Pomodoro Ciettaicale
Capitolo 9 – Zuppa di pipistrello
Capitolo 10 – Tramezzino pollo e insalata all’obitorio
Capitolo 16 – Rosmarino e basilico
Capitolo 17 – Falange di granchio oceanico
Capitolo 27 – Cucciolo di cinghiale
Capitolo 30
Crostatina alla marmellata
Gli occhi di tutto il gruppo sono fissi nella sua direzione. Il carabiniere più lontano ha quasi raggiunto il collega. Le divise stirate, Papille le guarda, guarda le scarpe di entrambi sporche di fango. I due, su indicazione di voci che si mischiano, lo hanno visto e puntano dritti a lui. Non può scappare, aggraverebbe la sua posizione pensa.
I paramedici sollevano il corpo di Solomon, lo issano per poi adagiarlo con cura sulla barella. Sembra respiri ma da dove si trova Papille la visuale non è chiara.
Uno dei due carabinieri lo ha quasi raggiunto. Ha i lineamenti squadrati, è alto e ha poca barba curata. L’altro, più lontano, è tracagnotto. Ha qualche chilo di troppo compresso dentro la divisa, sospira arrancando mentre si avvicina.
– Buongiorno. Documenti prego.
Lui non ha nulla con sé. Li guarda. Un istante prima di rispondergli, una voce dalla folla accalcata si leva:
– Ma non è possibile. Ma quello è Papille! Il critico gastronomico, Papille, ma non l’avete riconosciuto?
Il tonfo sordo delle grandi portiere dell’ambulanza distrae tutti. Segue lo stridere dei pneumatici per una manovra del paramedico alla guida. La sirena si attiva a far strada nella piccola piazza semi vuota. Il suono forte e a poca distanza copre il vociare creatosi intorno Papille.
– Favorisca i documenti. – Ripete il carabiniere.
– Appuntato – Interviene il carabiniere più basso – È il signor Papille. Papille, una celebrità fin qui a Matera. Lo guarda però con un’aria ambigua, nota Papille.
Un anziano si fa strada nel gruppo e punta il dito sui carabinieri.
– Ma non li leggete i giornali!? È accusato di effrazione ma quale celebrità? La legge è uguale per tutti. Arrestatelo! Stava anche per lasciare sulla strada quel povero ragazzo!
Il carabiniere sembra non curarsene.
Altre voci si levano dal gruppo.
– Maestro ma perché non la si vede più su YouTube, il suo canale è morto. È per via dell’incidente?
– È vero Signor Papille, che fine ha fatto?
Il carabiniere interviene.
– Appuntato. Vogliamo riconoscere la certa onestà intellettuale del famigerato Papille? Sinceriamoci stia bene. L’uomo socchiude gli occhi.
Papille non parla. Si guarda intorno, guarda i carabinieri. Il cielo è libero da nuvole e l’azzurro chiaro inizia a imbrunire.
– Agenti, l’uomo però ha ragione, il signore anziano intendo, quello che dice è vero. Sui giornali sembra sia ricercato. Dovete intervenire. – Parla un ragazzo giovane, appena ventenne che mostra sul cellulare il link in cui il titolo parla dell’effrazione di Papille nello studio di Carletti.
Il carabiniere lo guarda, guarda la folla intorno.
– Ma che intervenire, lasciatelo stare. Non fosse per lui la cucina sarebbe solo dei ricchi. Cercate solo notorietà sputando fango! – Una donna di mezz’età, dai capelli castani voluminosi, il trucco appena pennellato sul viso e un lungo vestito a fiori strilla indicando tutti i presenti.
– Stiamo calmi. – Esorta il carabiniere di grado più alto gonfiando con il petto la già stretta divisa.
Guarda il suo collega, la folla e poi Papille.
Papille sostiene lo sguardo, sa che sta decidendo cosa fare.
– Insomma, questi documenti?
– Nn-on l-li ho. – Prova a celare le difficoltà lessicali sforzandosi.
– Non li ha? Che significa non li ha? – La voce del carabiniere adesso si sforza di essere dura. Papille ha la sensazione di metterlo in soggezione o forse ha l’impressione nasconda un’opinione particolare su di lui. È molto basso, ha un fisico massiccio e forse il potere conferitogli da un grado non così basso è la rivalsa più importante della sua vita.
– Ci segua.
Papille resta in silenzio, fermo.
– Ci segua verso la volante. – Esclamano insieme.
– È un abuso questo! – Grida la donna.
– Ma stia zitta. Ma quale abuso. Fanno il loro dovere fanno! – Ora è l’anziano ad alzare la voce, sostenendo i carabinieri.
Papille annuisce e muove un passo verso di loro. I due si girano e camminano verso la macchina.
Pensa non possa finire così. Deve chiamare Nico, deve uscire da questo incastro, trovare Linda, i documenti con il video che inchioda Sagripanti e ricominciare a vivere.
Distende i muscoli. Sulle gambe pesanti si scarica tutta la stanchezza che fino a ora l’adrenalina aveva celato. Ha la bocca secca, sente la lingua graffiargli il palato con le levigature cicatrizzate che creano solchi irregolari.
Pensa che forse il costo della vendetta sia superiore alle sue possibilità. Come uscire da questa situazione, si chiede. Lo porteranno in centrale immagina e da lì lo arresteranno.
Le gambe come macigni, il pensiero per quel Solomon aleggia tra gli altri. Oltre Linda deve ritrovare anche lui e sapere se sta bene, pensa. Sarebbe dovuto scappare per raggiungere successivamente l’ospedale. Avrebbe dovuto essere più scaltro.
– Papille. Il Signor Papille qui a Matera. Che situazione! – Il carabiniere basso parla a voce alta.
– Maresciallo, ma chi è Papille? – quello alto invece ha la voce bassa, sommessa.
– Oh Madonna appuntà. Su agevoli il sospetto in macchina.
Arrivati alla volante, Papille si siede all’interno. Il Carabiniere di grado più basso chiude la portiera posteriore e si mette al volante, mentre il maresciallo lo emula dalla parte opposta.
Sul cruscotto Papille intravede un santino sbiadito, un rosario e la foto di una donna molto anziana. Nel vano sotto al freno a mano un mazzo di chiavi ha come portachiavi un coltellino svizzero di media grandezza.
Da lontano un piccolo gruppo di persone si stacca per avvicinarsi alla macchina. Papille vede bene alcuni di loro. Due persone con il telefono fotografano e fanno video.
È finita, pensa.
Il maresciallo interviene, scende dalla macchina.
– Cancellate subito foto e video. Stiamo lavorando. E qui a Matera non siamo in America!
Fa cenno ai due con il telefono di avvicinarsi. Ripete ancora una volta di cancellare i file.
– Ora andatevene.
La folla si disperde. I due ripongono i telefoni e si allontanano.
– Andatevene, – ripete – inoltro la richiesta alla polizia postale altrimenti.
Papille respira sollevato da dentro la volante. Non conosce la legge, ma foto simili sarebbero state un problema pensa.
Il carabiniere rientra in macchina.
– Signor Papille. Perché è un dato di fatto sia lei. Senza documenti. Si metta nei miei panni. Se è sui giornali e gira voce che io l’abbia lasciata andare, sarei uno screanzato. Anche se di solito il popolo è dalla sua parte. E poi c’è una questione più grande.
Papille pensa a quante volte le persone comuni abbiano preso le sue parti, in ogni circostanza.
Il giovane e grosso appuntato sull’altro sedile, si tira la divisa. Tossisce.
– Marescià.
– Un attimo appuntato.
– Signor Papille, dicevo, come mi devo mettere. Ora la devo portare in centrale. C’ho mia madre. Eccola qua la questione, questa nella foto. Questo fiore anziano. Allettata da due anni che è felice solo quando vede in televisione chef e pasticceri. E glielo devo dire. Quando sente parlare di lei, signor Papille, mia mamma geme di dolore. Perché lei rovina l’impegno di questi maestri, li insulta Signor Papille. E mamma m’ha cresciuto con dei valori.
– Marescià
– Appuntato. Un attimo ho detto.
Papille fissa il maresciallo, poi guarda l’appuntato che scarta una crostatina alla marmellata.
– Appuntato cosa fa?
– Marescià. Ho un calo di zuccheri, glielo dicevo, la chiamavo per questo; con questo caldo. Volevo chiedere il permesso. Posso dare un morso alla crostatina Maresciallo?
– Appuntato proceda pure su. Mi lasci finire.
Papille non ha manette, dietro all’abitacolo con l’aria condizionata spenta e il sole estivo, suda. Struscia le mani sui pantaloni.
– Dicevo. Io se la arresto adesso, so che la gente non sarebbe d’accordo. Ma io regalerei a mia madre giorni di felicità. È la legge. Perché lei, signor Papille, la fa stare male mamma. Con quei suoi video. Mi ricordo quando guardava i suoi video solo per inveirle contro. È sfortunato signor Papille. Ora che sta allettata, mica si arrabbia più. Piange se la vede, di rabbia.
L’appuntato finisce con due morsi la crostatina. Briciole e polvere rotolano sulla divisa scura. Sulla barba l’uomo ha residui di marmellata. Il maresciallo lo guarda senza muovere il collo e gli fa cenno di pulirsi. Lui subito strofina l’avambraccio su tutta la bocca macchiandosi il polsino.
– Cosa dovrei fare io, signor Papille?
La piazza intorno è vuota. L’interesse verso la questione è scemato. In lontananza qualcuno è rimasto sperando in un colpo di coda d’azione.
– M-mi l-lasci an-dare.
– Cosa? – Risponde subito l’agente.
L’altro, sazio della crostatina, si muove sul sedile in segno di disapprovazione.
– M-mi las-ci an-dare. So-no stat-o inca-strato.
Il maresciallo ride. Apre la bocca forzandosi di emettere un suono più forte di quello che naturalmente sarebbe uscito dalla gola.
– Se potesse fare un regalo costoso, anzi costosissimo a sua mamma. Lo butterebbe dal finestrino?
Papille resta in silenzio.
Sotto al freno a mano gli cade di nuovo l’occhio sulle chiavi.
– Io non posso fare altro che tornare a casa e dire: mamma, ti ho arrestato quel poco di buono di Papille. Nessuno Chef dovrà più soffrire della sua spocchia e non ti vedrò più piangere.
Papille guarda il coltellino svizzero. Coltello, forbicine, cavatappi, coltello seghettato e non ricorda cos’altro ci sia in quello di misura media.
L’appuntato annuisce alle parole del maresciallo muovendo la testa, qualche briciola cade di nuovo dalla barba.
– E mamma sarebbe orgogliosa ancora più di adesso. Guardi che fiore di donna, non posso non regalarle una gioia simile. No no.
L’uomo accenna un sorriso, indica la foto della signora. Poi si bacia le dita e le spinge sull’immagine.
Così la sensazione di essere spacciato arretra in un istante invece di sopraffare Papille. Guarda di nuovo il coltellino come portachiavi. Nella macchina non c’è divisorio tra il retro e i posti davanti, è smontato.