Freddo: Capitolo 21 – Colori

Guerra russo-ucraina topic del momento: trafiletto sui giornali, si celebra il gelato giallo e azzurro e tutti contenti. Tutto sbagliato.

Nei capitoli precedenti:

 

Ventunesimo capitolo – Colori

Roma 2023

Il gelato è il cugino povero della pasticceria. Il mio bisnonno ne era certo.

’Sto tipo mi odia, lo vedo. Alto e magro con le spalle che pendono a sinistra e il volto scavato dal logorio della burocrazia romana, di quelle vite che trapassano lo spazio e il tempo in cerca del nulla, nel tentativo di ammucchiare quanti più soldi o conoscenze e nulla di più. Ce l’ha in faccia, che poi io credo, se guardi bene, le persone sembrano animali. Lo fisso e a me lui sembra una iena.

Il grosso padiglione della fiera di Rimini rimbomba di un vociare che, se prendesse forma, tutto lo stabile esploderebbe come la maglia di Hulk quando diventa verde. Non c’è niente che mi interessi qui, mai. Ma devo esserci.

– Il gelato è la mia passione. – Dice la iena.

Io lo guardo, ha questi occhietti piccoli e neri da cavare. Prendo un cucchiaino, di quelli riciclabili beige da gelato; gli chiedo, con il tono di voce basso, di rimanere fermo e avvicino il cucchiaio all’occhio. Lo infilo tra palpebra e bulbo e tac, fuori. L’occhio esce con un “plop”, penzola sulla guancia con filamenti rossi. Guardo nel nero rimasto al posto dell’occhio e mi sembra di vederci muffa verdastra, come immaginavo.

– Il gelato è arte italiana, arte vera e propria del nostro Paese e per questo io mi spendo per tutelarla.

Sbatto gli occhi, resto in silenzio.

Luciano, uno dei dirigenti Confcommercio che più stimo, mi ha portato a incontrare la iena per condividere alcune idee su gelato e pubblici esercizi, annuisce e poi mi guarda.

Luciano è un uomo di poco più di cinquant’anni. Ha due grossi baffi e lo sguardo lucido, non sbaglia un colpo e porta avanti la FIPE nazionale con professionalità; in questi due anni in Confcommercio (La FIPE, o Federazione Italiana Pubblici Esercizi, è all’interno di Confcommercio), ho imparato molto.

– Io invece lo odio, il gelato.

– Scusa? – Chiede la iena.

Luciano sorride, ha il dono di capire.

– Sì, lo odio. Ne odio l’uso che se ne fa oggi.

La iena non capisce, non può capire. Tutti gli animali con il collo lungo e piegato sono costretti a guardare a terra, a cercare a terra, a pensare a terra, a odorare la terra.

Superiamo un grosso stand di caffè, ai lati dell’alzata dove le persone si accalcano per bere un espresso gratuitamente. Ogni anno, il brand di caffè in questione propone come hostess due ragazze mezze nude, alte, statuarie. È lo stand che ha sempre maggiore affluenza e per un caffè devi sgomitare.

Fin dalla prima fiera di Rimini cui andai, ho sempre pensato fosse squallida, come scelta, quella di usare due donne, per carità, meccanismo vecchio come il mondo, ma lo trovo superato. Le guardo, continua a non piacermi come scelta, anche se nel 2015, ricordo, riuscii a uscire la sera stessa con una delle due ragazze che al tempo si facevano la giornata allo stand. Tiara mi pare si chiamasse, russa, che non parlava una parola di italiano e a malapena le arrivavo alla spalla. Oggi ci sono due ragazze mulatte, entrambe tatuate sulle braccia, una ha i capelli raccolti in una coda tirata in alto, l’altra è riccia. Tiro dritto, la iena ha una gelateria ed è a capo di alcuni gelatieri che concorrono per il titolo di miglior gelatiere dell’universo. Italia, Europa e mondo non bastano più a misurare l’altezza del loro grosso cappello da chef.

La iena, insomma, sente che non lo tollero, ma non lo capisce, pensa solo io sia un viziato ereditiero egocentrico. Mi guarda con gli occhi stretti, come se mi studiasse. Lui ha potere, quel potere romano intriso di burocrazia e presunzione che pilota nel verso sbagliato la battaglia. Ma non se ne rende conto, non fa bene al prodotto, rende il gelato un esercizio di stile, mettendo in competizione gelatieri senza apportare nulla di nuovo. Fa schifo. Lui non può capirlo, perché con il naso sfiora la terra, proprio come le iene.

Il gelato è una porta. Tu la apri e lui ti porta nel passato, quando mamma papà e nonni compresi prendevano il tram per portare a casa il gelato la domenica. Sia chiaro, qui non si parla di gusto, si parla di memoria e la memoria si costruisce su emozioni, non su percezioni sensoriali. Quindi la gara al campione del mondo e dell’universo, peraltro con gelati mediocri fatti con materie prime di aziende che fanno da sponsor, mortifica la memoria.

– Tuo nonno come sta?

Conosce mio nonno, con suo padre ebbero una diatriba tanti anni fa. Sorrido.

– Bene, sta meglio di me.

Mio nonno è amico di queste persone per non accettare che io faccio funzionare la gelateria come fosse una macchina da guerra. Così inventa percorsi paralleli, mi vuole bene ma solo una parte di lui accetta il mio successo, la restante parte vorrebbe distruggermi. D’altronde l’ha venduto, il Palazzo del Freddo, di cosa mi stupisco?

– È un po’ stanco questo periodo, per via di una gamba che gli fa male, ma per avere 92 anni sta bene.

Cerco di essere gentile, temo sempre le mie reazioni se supero una cortina di ferro di formalità.

– Bene, sono felice, salutamelo. Eccoci allo stand, vi presento i maestri.

Maestri. Tre anni da amministratore delegato del Palazzo del Freddo c’ho messo, per far esplodere quella sensazione di disgusto quando mi chiamavano maestro. Mia colpa, sia chiaro. Mal consigliato all’inizio, ho creduto fosse un modo per dare lustro al mio lavoro, eppure mi sentivo pungere la schiena a ogni sillaba: “maestro”. Maestro di che? Ma chi cazzo si pensano di essere.

– Assaggiamo questo gelato al volo, Andrea?

Luciano mi guarda. Lo stand della iena brulica di gelatieri.

– Io non mangio gelato, lo sai…

Luciano ride. La iena no.

– È un gelato per l’Ucraina!

La iena apre la bocca,

– È contro la guerra; abbiamo pensato di creare un gelato con i colori della bandiera ucraina.

Li mortacci tua, penso. Li mortacci vostra. Il gusto per l’Ucraina. Una merda gialla e blu. Vorrei prendergli la faccia strappargliela ficcargli tutto il freddo di quella poltiglia congelata nel culo e portarlo a Mykolaiv a incollarci i palazzi co ’sta cagata collosa.

Ma lo so dove vuole andare a parare. Gusto per l’Ucraina alla fiera più importante d’Italia, guerra russo-ucraina topic del momento quindi trafiletto sui giornali, gelato celebrato e tutti contenti. Tutto sbagliato. Li mortacci tua.

– Ti aspetto qui, Luciano.

– Dai, vieni, al volo.

In quel momento escono tre gelatieri, i loro cappelli sono così alti che li guardo e se potessi scalarli arriverei su fino alle stelle. Hanno lo sguardo nel vuoto, nei loro vestiti bianchi il bianco degli occhi annacqua l’espressività. Stringo la mano a tutti e tre, mi sorridono con gentilezza.

– Facciamo assaggiare a questi amici il gusto per l’Ucraina!

La iena comanda.

– Certo, subito.

Uno dei tre gelatieri, il più corpulento e avanti con l’età, risponde. Rispetto agli altri mi sembra sia il responsabile, i capelli bianchi mischiati al biondo e il modo veloce e sicuro di muoversi me lo confermano. Scarta lui stesso tre cucchiaini e ce li porge.

Il colore è impressionante, perfettamente ucraino. Mi chiedo in natura cosa possa esserci di così celeste, e di così giallo. Beh, il giallo potrebbe essere al massimo una crema prodotta con un tuorlo d’uovo di galline allevate con mangime aggiunto di beta-carotene, forse ci si arriva a ’sto colore, ma il celeste no, mi rifiuto di accettare la spirulina, l’alga blu.

Chiudo gli occhi, vedo Assunta, un’anziana signora, quelle che una volta impastavano tutto a mano tutto il giorno, prendere l’aereo per l’Asia armata di bombole d’ossigeno e maschera. La vedo parlare in dialetto umbro a un giapponese per capire dove tuffarsi, sta lì che fatica a comunicare dopo il viaggio infinito, immagino sia la prima volta che prende l’aereo. Si strizza dentro una muta troppo stretta e si tuffa. Il blu la circonda, pesci coloratissimi, pesci piccoli grandi e giganti, coralli, i colori del mare la emozionano. Poi la vede. La spirulina. L’alga blu per eccellenza dalle proprietà nutritive potenti e i colori sgargianti e mamma mia che poteri magici quest’alga.

Assunta, con le sue mani un po’ gonfie, ne prende un po’ dal fondale e risale. Si fa una doccia al volo e il giorno successivo riparte. Finalmente nella sua casa di Terni, dove era abituata a impastare pasta fresca, creme pasticcere e torte al formaggio, stende ’sta pianta blu e la preme la batte la tagliuzza la fa piccola e la mette in un barattolo. Poi la spedisce e arriva nelle mani di questo gelatiere con il ventre sformato e la faccia paonazza che ci fa il gelato per l’Ucraina.

Apro gli occhi, la mia lingua scivola sull’inconsistenza della crema, si bagna, si raffredda, la struttura è vuota, non mi fa suonare ricordi o piaceri, niente. Il blu e una palla di zucchero, oltre il colore improponibile.

Il gelatiere, i due più giovani ai lati, la iena che alza gli occhi al cielo dal piacere: mi guardano tutti.

– Mica male, eh!

Luciano con la sua simpatia e i suoi modi alleggerisce il momento. Lo so che una parte di loro prova timore nei miei riguardi, perché sono troppo legati alla performance. In effetti fa cagare, ma mi limito a muovere la testa e annuire.

– Andrea, porca miseria, noi dobbiamo andare. Il panel sulla comunicazione sta per iniziare. Tra poco tocca a te, sei pronto?

Luciano mi mette una mano sulla spalla, vorrei che il gelato mi cadesse.

Se sapesse quanto io viva di improvvisazione. O forse lo sa.

– Certo, sono pronto.

Poi guarda la iena:

– Vieni ad ascoltare?

La iena mostra i denti in un sorriso stirato che vorrebbe far sembrare cordiale.

– No, non riesco proprio. Vorrei, ma proprio non posso.

Mi guarda con gli occhi semichiusi.

– A presto allora, sai dove trovarci.

Luciano stringe la mano a tutti.

Io sorrido, abbasso la testa e ringrazio, ma non riesco a stringergli la mano. Mi allontano veloce.

– Arrivederci, Andrea.

La iena, con il suo occhio penzoloni che ancora immagino, mi segue con lo sguardo, sento sulla schiena la gravità e la muffa.

Luciano cammina accanto a me,

– Non ti è piaciuto, vero?

– No. Sai perché il mio bisnonno sosteneva che il gelato fosse il cugino povero della pasticceria? Indovina.

Luciano mi guarda:

– Non saprei.

– Perché la pasticceria è più carnale, più viva, è calda, sprizza regalità da tutti i pori. Il gelato, invece, è freddo e c’è meno manipolazione, meno empatia, resta fedele a se stesso, gente come loro che lo manipola, che vuole strappargli semplicità, è povera di spirito, non ne capisce il reale valore.

– Bello. Attento però che offendi qualcuno.

– Offendo chi non capisce, forse.

– Ma avevo letto che il tuo bisnonno era chiamato “Il gelatiere sovrano”, sa poco di povero.

– Era il Re del gelato al tempo e parlava al popolo con un gelato semplice e accessibile a tutti, così si fa la storia difendendo i valori dall’ego.

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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