Papille, il seguitissimo critico gastronomico fuori dagli schemi, amato dal popolo e temuto dai più grandi chef, perde l’uso della lingua e del gusto per la vendetta di uno chef stellato.
Puntate precedenti
Capitolo 1 – Panace di Mantegazza
Capitolo 4 – Mignon vegani, alici, cacao e melanzana
Capitolo 6 – Pomodoro Ciettaicale
Capitolo 9 – Zuppa di pipistrello
Capitolo 10 – Tramezzino pollo e insalata all’obitorio
Capitolo 16 – Rosmarino e basilico
Capitolo 17 – Falange di granchio oceanico
Capitolo 19
Paella
Alfonsina Rocio Suarez traballa sulle scale. Ha i piedi piccoli compressi dentro un paio di ballerine nere che sotto le gambe rotonde la sorreggono a fatica. Rovista nella borsa con una mano. Con l’altra impreca in spagnolo contro il cellulare. Ha appena attaccato il telefono.
Aveva una voce strana il dottor Carletti, preoccupata. A lei fotte poco, pensa.
– Quello là tiene giri loschi, – dice sempre al marito. Alfonsina li annusa i giri loschi, dice, come una bella paella succosa.
Il dottore è uno dei tanti da cui fa i servizi di pulizia e quindi di più non le interessa sapere.
Alfonsina ha il difetto di gridare quando parla. Mentre entrava nel palazzo era al telefono con la sorella Rosa, prima di sentire Carletti. Le strillava come una gallina di programmi tv e ospitate della Tatangelo. Poi ha dovuto attaccare per l’avviso di chiamata di Carletti che voleva sapere dove fosse. La ragazza che ha intravisto nel chiostro l’ha sentita di certo, pensa Alfonsina.
Arriva al piano dello studio. Entrambe le mani immerse nella borsa. Sussurra qualche imprecazione, teme di rompersi le unghie smaltate di rosso.
Le unghie se le fa solo da Rosita, la nipote di Maria Dolores, ci chiacchiera ore con quella ragazzetta che le ricorda di quando anche lei era giovane e teneva il vitino da ape. – Mica quella ciambella che hai adesso, – le dice il marito che puntualmente si becca un paio di sganassoni.
Pesca il mazzo di chiavi. Lo tira su e lo gira tra le dita cercando la chiave giusta. Dopo il tintinnare di metallo si guarda lo smalto e sceglie la lunga chiave con scritto Silver. La inserisce nella toppa e gira. La porta si apre.
Alfonsina è tutta presa dal riporre le chiavi e cercare le gomme da masticare nella borsa. Non nota subito l’uomo all’interno dello studio.
L’uomo la guarda.
Lei lo vede. Lancia un grido.
– Shhh, – l’uomo giunge le mani supplicandola.
Alfonsina si ferma. Lo guarda. Fa un passo. Lo guarda di nuovo.
Studia questo uomo alto, trasandato che se suo marito lo invitasse a casa uno così, por el cielo non lo farebbe entrare. Alfonsina però c’ha fiuto. Giù in piazza le persone le inquadra tutte con due occhiate. Si aggiusta i pantaloni e il ventre morbido e scuro si piega in due rotoli belli cicciotti. Questo hombre, pensa, fa il finto.
Il tipo biascica qualcosa che Alfonsina non capisce.
Lei fa un passo. Mette la mano nella borsa, rovista e stringe il cellulare.
– As-spet-t-a – dice l’uomo.
Parla in maniera strana. Pensa. Questo o es un drogato o uno degli hombre albanesi amici del dottore. No, pensa poi Alfonsina.
Questo ha un’eleganza nel viso. Es un tipo di stile.
Lo guarda meglio. Si blocca.
– No es possible. No es possible. Io te conosco. Ohh el corazon! – Grida di nuovo.
Alfonsina è così, – lei c’ha il corazon e la bocca enormi che quando uno si riempie l’altro deve cantare, – dice sempre la sorella.
Alfonsina pensa che non ci può credere a quello che vede.
– Tu es Monsieur Papille! Yo seguo la tua pagina su YouTube. Oi Maria! Un cliente del Dottore Carletti. Che piacere. Che buena jornata!
Papille la guarda senza parlare.
Alfonsina non ha studiato gran che ma quando c’è da annusare il puzzo del perro che l’ha fatta grossa, lei lo sente.
Socchiude gli occhi e alza una delle sopracciglia. – Estas aspettando il dottore, sì?
Tradisce l’intonazione guardando i documenti tra le mani di Papille.
– S-ssi. Tor-na s-subio, gli ho chies-sto umm ffavore. –
Alfonsina Rocio Suarez non è una cima. Ma neanche una sprovveduta, pensa mentre si pianta le mani sui fianchi e allarga le gambe. Lo ha appena sentito il dottore e non torna di certo.
Poi tira fuori il cellulare.
Seleziona la telecamera, punta Papille e scatta una foto.
Papille si copre il viso.
– Que tienes? yo ho inteso eh, ho capito. – Grida Alfonsina irritata.
– Que tienes? quale è el problema? yo me tutelo. – Ripete.
Papille non risponde. Lei lo fissa con gli occhi neri come spilli. Ha capito che il problema è bello grosso. Grosso come il coso che il marito tiene tra le gambe pensa. E sa anche che le cose del dottore puzzano. Due più due Alfonsina lo sa fare.
– Può c-can-ncel-lave la foto? – chiede Papille.
– Oy oy oy. Porque?
Quando la sorella del marito di Alfonsina, Regina Suarez sparlò di Alfonsina al battesimo di suo figlio Leandro, Alfonsina era dentro al bagno a cambiarsi l’assorbente. La tonta di Regina se la spettegolava mucho fuori dal bagno con quel gordo di Antonìo. E lei l’ha presa col topo entro la bocca, l’ha registrata e si è tenuta la registrazione un bel po’ di tempo. Ricorda.
E le cambiarono gli occhi in quel bagno, diventarono – neri como el mare de noche porque Alfonsina no la fotti. – Disse poi al marito.
E Papille non la fotte Alfonsina. Gli occhi le tornano neri. Sblocca il telefono e chiama la sorella. Poi ci ripensa. Attacca. Guarda Papille.
Sua hermana, per non parlare di sua cognata, per un autografo di Papille la porterebbero in gloria per almeno quattro domeniche di seguito in piazza al ritrovo della comunità.
– Tu no me la dice justa. Ora chiamo el dottor Carletti e ve la vedete voi.
Bluffa Alfonsina. Sa bluffare. Con Regina fece finta di niente per tre settimane. E il sorcio glielo mise nella zuppa la domenica della sua festa di compleanno. Mandò l’audio delle registrazioni dello spettegolare dallo stereo in piazza. Como piangeva quella cretina di Regina.
Guarda Papille. Se lo ricorda in video su YouTube. Gli occhi scuri con tonalità di verde, elegante, sicuro, cattivo. Sessuale. Ora è lo scheletro di sé stesso. Quella barba, il vestire unto e logoro.
– Nn-on-n chiama-r-lo. M-me n-ne vad-do.
– Donde vas? Tu es qui come un ladro. Io te rispetto, tu es una stella por mi. Ma tu deve capire Alfonsina. Aquì non stiamo hablando di uno scherzo, se io chiamo la policia, la policia ariba y tu vai in carcere.
Papille davanti a lei si muove, per un istante le sembra voglia uscire dalla finestra.
– Ma Alfonsina è una mujer con el cervello nella caveza. E Alfonsina tiene una tua foto aquì, qualcosa Papille deve fare por Alfonsina.
Papille ricambia lo sguardo e si ferma.
– D-dimmi.
– Mio marito tiene un ristorante mexicano. Jo pretiendo una recensone maravillosa por el ristorante por tutti i tuoi followers.
Alfonsina lo guarda, scruta ogni movimento di Papille.
– Io no-n-n r-recen-nsisco più.
– Joo, mi hombre. Tu pensa que Alfonsina è tonta come quelle italiane che vanno dalla Barbarella a telecinco? Tu apri YouTube e fai la recensione por “El camino” de mio marito.
Davanti a lei Papille apre la bocca. Lui è un chico loco pensa Alfonsina. Ma Alfonsina non trattiene un attimo di impressione davanti alla lingua di Papille, prima di socchiudere di nuovo gli occhi.
– Par-llo a faica. Ho bissogno di and-ar-re. L-lei n-non ha id-dea.
– Jo, Papille, – lo interrompe. – Te do un po’ di tiempo. Tengo la tua foto. E jo so che sei stato qui.
Poi si avvicina alla scrivania. Tira fuori dei post-it e prende una penna. Scrive il suo numero di telefono.
– Tienes dos giorni por la recensione.
E poi adesso scrivi:
– “Alla mia muy linda Alfonsina, con muchos affetto, Papille.” Me lo scrivi bene, claro no? e io non ho mai mirato Monsieur Papille qui por dos giorni. Entiendes? –
Gli porge la penna Bic, e i post-it e si guarda lo smalto che luccica perfetto.
Continua: – “A Rosa, la caliente tra le calientes, Papille.”
– Mia hermana es muy linda, e te ama Papille! – Il tono di voce di Alfonsina cresce.
– E poi: “A Maria Rosita la mamacita Suarez, besos Papille” questo è por la mamacita di mio marito.
Muove le dita a dipingere le parole in aria.
Papille prende i post-it e scrive, firma veloce.
Alfonsina lo guarda, – tu es invecchiato?
Papille si sforza di rispondere. – Il t-uo cap-po è u cvimin-nale.
Alfonsina si porta le mani sulle orecchie.
– La la la la la estoy achì e yo no entiendee – Canticchia.
Alfonsina tra tutti i pregi che ha sa che fuori dalla comunità, i fatti di chi le dà il pane non sono suoi. Papille restituisce i post-it autografati. Si avvicina alla donna per andare verso la porta.
– Chico.
Alfonsina dondola il cellulare con la foto a pochi passi da Papille, lo blocca prima che lui la superi.
– Yo te tengo per le palle.
Continua..