Riccardo Bacchelli e l’osteria di Bagutta

Sceglie il boccone prelibato con la stessa cura con cui medita ogni parola nella resa armonica della sua narrazione.

Ci si incontra con lui a tavola, per quanto, con quel suo carattere dolce e quieto, Riccardo Bacchelli si senta a suo agio dovunque. Allunga gli occhi verso il grande vassoio degli antipasti suddiviso in varietà d’intingoli, insalate, gustose specialità. Increspa un po’ il labbro, non ha mai fretta. Sceglie il boccone prelibato, – e si può star certi che è quanto vi è di meglio –, con la stessa cura con cui medita ogni parola nella resa armonica della sua narrazione. L’immagine che più gli si addice è quella del prete di campagna, così ripetono ridendo gli amici, di un servitore del Signore, cardinalizio, roseo e paffuto: ha il fisico e il carattere dei pretoni che non disdegnano “la gaudiosa partita a carte né le bevute a garganella, né il ridanciano motteggiare”, lieto e floridissimo d’aspetto. Dice di non essere tagliato per il giornalismo, sebbene abbia lavorato per anni per la Voce e la Ronda. Si sente poeta, i suoi versi non si discostano dallo stile narrativo. “Ho desiderio di dire parole più alte; e maggiormente m’oriento verso la poesia, dolcissima fatica che m’attrae come nessun’altra. Di tutto quanto ho scritto sono le poesie che meglio mi piacciono”. Esprime questi pensieri quando il romanzo a lungo meditato, Il Mulino del Po, è ancora fermo al primo abbozzo.

Il ritrovo è in una stretta via nel cuore di Milano, al numero 4 di via Bagutta, alla “tavola dei poeti”. Dal quarto vano in fondo dell’osteria toscana con cucina alla casalinga, proviene un inconfondibile cicaleccio, talvolta il canto gagliardo del sodalizio di amici riuniti a conversare d’arte e di poesia in schietta fraternità. Proprio Bacchelli è lo scopritore dell’osteria di Bagutta. Già esperto conoscitore di osterie romane, fiorentine, veneziane e bolognesi, un giorno entra ad esplorare la trattoria del Sor Pepori, solo due stanzette e quattro tavole, ma la chioma verde di un albero nel cortile semi affogato fra le abitazioni, e la cucina bene in vista che conserva i profumi della tradizione toscana. La prima prova consiste in un piatto di fagioli rosati, squisiti e delicatissimi. Bacchelli s’informa col personale di servizio sulla provenienza dell’olio.

“Da Altopascio” gli rispondono “il paese dei padroni”. Come i fagioli e il vino. Un Chianticello fresco e invitante, chiamato Dianella. È il vino prodotto nella tenuta dello scrittore toscano Renato Fucini. Bacchelli è definitivamente conquistato. “Non cercherò altro nido” dice a cena finita.

D’estate la tavola è apparecchiata nel cortile per il cenacolo su cui governa a pieno titolo il Presidente Bacchelli. In quel cortile con i rami verdi.

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