Vi è mai capitato di ritrovarvi tra le mani una foto dei vostri compagni di classe e aver dimenticato tutti i cognomi tranne uno? Di quel compagno o di quella compagna ricordate persino com’era vestito o vestita il giorno del diploma o quando siete partiti per la gita di fine anno. Eppure non è la compagna o il compagno che vi piaceva, con cui avete sognato di stare insieme dal primo momento in cui l’avete vista o visto. E allora cos’è che l’ha reso o resa così indimenticabile?
Magari come piegava la testa e sistemava i capelli dietro l’orecchio ogni volta che l’interrogavano, oppure per quel modo in cui storpiava il vostro nome e ve lo faceva odiare, o per quello che ha detto quel giorno in cui non avevate nessuna voglia di fare occupazione, e invece vi ha fatto restare lì, insieme a tutti quanti gli altri.
E non c’entra niente il fatto che eravate giovani, che adesso avete almeno il doppio degli anni che avevate allora. Se ve li ritrovaste di nuovo davanti, stareste ben attenti a non fare lo stesso errore, a non farveli scappare più.
Lo stesso vale per i personaggi. Qualcuno diceva: “Dì soltanto una parola e io sarò salvato”. È la stessa preghiera che vorremmo rivolgere noi al protagonista di un romanzo a cui manca qualcosa; che semplicemente scivola via, di cui perdiamo le tracce, di cui facciamo fatica a ricordare persino il nome. Vorremmo che fosse lui, a salvarci, e non l’ultimo dei suoi servi che entra in scena giusto il tempo necessario ad aprire una tenda, rifare un letto, a sollevare un cuscino da terra.
È solo un’ombra, che appare e scompare, eppure continuiamo a pensarci.
Perché? Cos’è che rende quel servo così indimenticabile, memorabile? Qualcosa che ci sorprende, anche un movimento minimo, un dettaglio. Quel dettaglio e quel movimento minimo sono capaci di prenderci e tenerci lì, di sfilare via tutti i punti di sutura, a uno a uno e uno dopo l’altro. Sono capaci di salvarci, di farci intravedere che dopo quell’ultima frase, parola, dopo quell’ultimo punto del romanzo non c’è più un precipizio, un burrone di cui non vediamo la fine.
Quel gesto ha cambiato tutto, ha tirato le somme di quello che siamo, chiamato a raccolta tutti i nostri ricordi e ce ne ha dati degli altri, di nuovi. Più felici o infelici, poco importa. Quel gesto e quel servo, proprio quando tutto sembrava finito, il romanzo era finito, hanno smesso di farci sentire così in pericolo e soli.