Mikika le si è accoccolata in grembo fra le pieghe della veste, con gli occhi chiusi, e ha cominciato a ronfare. Ada Negri passa e ripassa la mano sul dorso lucente della gatta tigrata. Ha imparato a conoscere i gatti dai tetti. Un giorno Mikika le si è avvicinata fiutando con le orecchie tese, la coda alzata e Ada ha notato il segno distintivo della razza soriana, la tipica macchia scura a M fra gli occhi. Il salottino rettangolare a tre finestre si apre sulla terrazza, ombreggiata dal glicine. Pare una tinozza affondata fra le falde spioventi degli edifici. Comunica, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio, coi tetti delle altre case antiche della vecchia Milano di via Guastalla, coi cornicioni di pietra. Il parapetto massiccio in cemento, crepato qua e là, le arriva quasi alla gola. Lascia vedere i comignoli e i meravigliosi alberi centenari del giardino di palazzo Sormani che adora e ama frequentare. Di là dal muretto, riprende la pendenza ripida del tetto fino al canale della grondaia, su cui la gatta è solita camminare col passo felpato, incurante del pericolo. Scende dal grembo e Ada si leva di scatto, apre la finestra. Mikika con due balzi ritrova la via dei tetti, e si acquatta nella conca di una tegola. Ada si avvicina al tavolino della camera accanto, su cui ha posato un manoscritto. Nel testo guizzano i riflessi dell’inchiostro violetto che anche Verga predilige, e qualche svolazzo della sua ampia e chiara calligrafia d’insegnante elementare. Con i suoi scritti, incanta l’Italia di fine Ottocento. Rifugge dalle mode letterarie del tempo che le danno infinite preoccupazioni, con la stessa determinazione che l’ha portata da figlia di poveri operai d’un cotonificio, a farsi conoscere e apprezzare per i meriti artistici. Torna nel salottino, guarda dalla finestra “alta” il vasto panorama di tetti con i diversi tipi di gronde, i condotti delle stufe, gli strapiombi e le belle varietà di comignoli: uno in forma di cetra, alcuni che somigliano a lucerne, altri sottili, sottili, o altri ancora più bassi e tozzi con due embrici per cappello. Ora Mikika è sdraiata sul muretto. Ada aspetta che si ridesti e riprenda a salire e a scendere tra le file di tegole.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.