Torino, 5 Marzo 1936
Caro Maestro,
mi sa dire come mai la Sua calligrafia è cambiata? Più trasandata, la mia non avrebbe importanza, perché io sono più nervosa di Lei, più impulsiva, e ho meno accuratezza, ma per Lei non mi persuade. Come sta? La sua salute è buona?
Roma, 6 Marzo 1936
Marta mia,
sì, ho notato anch’io che la mia scrittura si va facendo sempre più illeggibile, irregolare, incerta, vacillante, ma non per trascuratezza, né perché io scriva in fretta, né perché sia nervoso o mi senta male. Forse, male, senza ch’io n’ abbia avvertimento, si sentirà il mio corpo trasandato e trascurato. Lo strapazzo, e lui sopporta e non dice nulla. Gli occhi, da un pezzo, avrebbero bisogno d’essere ajutati, e nessuno li ajuta e son forzati a leggere e a scrivere come se ci vedessero come prima… Forse scrivo così male anche per questo. Mi ci farai pensare Tu, adesso, Marta mia. Marta però lo scrivo sempre bene. Anche cieco lo scriverei sempre bene, Marta.
È di evidenza palmare nei due passi tratti dal corposo carteggio il particolare trasporto con cui il Maestro Luigi Pirandello si rivolge alla giovane talentuosa attrice di teatro Marta Abba, sua musa ispiratrice, per la quale adatta copioni e traduzioni. La incoraggia a dedicarsi alla stesura di un’autobiografia per valorizzare il merito e l’autorevolezza della sua creatività artistica, la convince degli effetti positivi che può trarne la carriera. Trasferire sulla stampa l’esperienza teatrale diventa una missione. Spronata e sostenuta dal Suo maestro, Marta Abba a trentasei anni pubblica il memoir: “La mia vita di attrice”. Pirandello si prodiga per cercare i contatti che le fanno ottenere dal Ministero della Stampa e della Propaganda, istituito dal regime fascista, l’autorizzazione alla pubblicazione, la introduce nel mondo della carta stampata e si rivolge a Massimo Bontempelli, allora direttore della Rivista: “L’Italia Letteraria”, che si dimostra subito interessato a pubblicare l’autobiografia a puntate. Pirandello le dispensa consigli per la stesura e la correzione delle bozze, non si risparmia nel darle suggerimenti perché si possa districare agevolmente tra i problemi tecnici ed editoriali: date di consegna, fotografie e note a corredo del testo. La fiancheggia a passo a passo ed è investito per lei da un vero e proprio ruolo di editor. Questo, oltre che per il profondo attaccamento affettivo anche per il valore che la produzione teatrale assume per Pirandello e per l’intento di suscitare interesse nel grande pubblico, facendo opera di sensibilizzazione sulle condizioni precarie in cui versa il teatro in Italia.
Pirandello rivela la profonda dimensione sentimentale del suo rapporto con Marta che invece, seppur mossa da grande stima, pare più interessata alla carriera. S’incontrano per la prima volta quando lei ha 25 anni, lui 58, scritturata come prima attrice per il Teatro D’Arte di Roma.
“Io arrivai a Roma accompagnata da mia madre. Era il primo viaggio verso la compagnia con la quale avrei poi dovuto fare la tournee. Sul palcoscenico semibuio intravidi alcune persone; una, era un signore coi capelli d’argento e il pizzetto bianco, piuttosto curvo. Entrai in palcoscenico e qualcuno disse ad alta voce:
“È Marta Abba”.
“Pirandello allora scattò dalla poltrona e mi venne incontro con quella sua stupenda vitalità: non pareva vecchio”.
Quando la morte lo coglie nel dicembre del 1936, ancora nel pieno delle forze, Marta è artista celebrata a New York. Più per la delusione delle sue aspirazioni amorose, che per le amarezze e le incomprensioni nella carriera di scrittore, Pirandello nel testamento dispone che sia il carro “d’infima classe, quello dei poveri” a portare la salma al cimitero. Il regime vorrebbe esequie spettacolari, a dimostrazione degli onori che riserva agli artisti celebri, ma le autorità concedono, con una certa irritazione, che il rito si svolga nel rispetto delle sue volontà. Viene avvolto nudo in un semplice lenzuolo senza fiori accanto né ceri accesi. Il cocchiere allontana al trotto il carro per la sepoltura in solitario, verso una località della campagna di Agrigento, chiamata “Il Caos”, dove Pirandello è nato.
“Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Niente, neppure le ceneri, vorrei avanzassero di me”.