Che cosa è una scorciatoia letteraria?

Che cosa vuol dire in arte narrativa, in un romanzo, in un racconto, prendere una scorciatoia?

Che cosa si intende per scorciatoia riguardo a un romanzo, a un’opera letteraria? A una narrazione? Vi è mai capitato di sentirla pronunciare o di leggerla? Cominciamo dall’etimologia. Che cosa è intanto una scorciatoia?

Scorciatoia viene da scorciare, cioè tagliare, accorciare; in senso figurato, metaforico, la scorciatoia è il mezzo rapido per raggiungere un determinato scopo. Ma questo lo sapevamo.

Che cosa vuol dire in arte narrativa, in un romanzo, in un racconto, prendere una scorciatoia?
Vuol dire tante cose. Raramente positive.

In generale è un modo rapido per raggiungere un certo obiettivo, estetico, espressivo, artistico, magari anche tagliando dei passaggi, semplificando, banalizzando… Un narratore, un romanziere in senso generale è continuamente esposto alla tentazione (estetica, morale, drammaturgica…)
della scorciatoia.

Posso prendere una scorciatoia, tutte le volte che generalizzo, che mi affido a stereotipi, che evito l’approfondimento, che mi autocensuro.

Il kitsch in fondo è spesso frutto di una qualche scorciatoia presa dall’artista, di una qualche semplificazione/banalizzazione/approssimazione.

«Nel regno del Kitsch – ha scritto infatti Kundera, – impera la dittatura del cuore. I sentimenti suscitati dal Kitsch devono essere, ovviamente, tali da poter essere condivisi da una grande quantità di persone. Per questo il Kitsch non può dipendere da una situazione insolita, ma è collegato invece alle immagini fondamentali che le persone hanno inculcate nella memoria. […] un mondo dove la merda è negata e dove tutti si comportano come se non esistesse. Questo ideale estetico si chiama Kitsch. […] Il Kitsch elimina dal proprio campo visivo tutto ciò che nell’esistenza umana è essenzialmente inaccettabile.»

A uno scrittore può capitare per esempio di stare scrivendo un certo racconto, e di essere felice e soddisfatto del risultato ottenuto fino a quel punto: poi gli viene improvvisamente l’idea (l’ispirazione) di cambiare un po’ il plot e di allungare la vicenda verso una conclusione più forte e più ambiziosa della prima? Insomma, in quel caso possiamo dire che lo scrittore ha due scelte: avventurarsi nella scrittura rischiosa di una storia più lunga, forse di un romanzo, che abbiamo soltanto intravisto delinearsi nella mente, o prendere la scorciatoia (artistica in questo caso) di seguitare la storia in progress, meno ambiziosa, meno estesa, ma più sicura.

Alla prossima.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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