Melville e Mumford

Lewis Mumford si muove sulle tracce di Melville con un’ammirazione che esprime senza uscire dai confini di un sereno equilibrio letterario

Il corriere ha appena consegnato il pacchetto, il caso vuole che sia un’ora di relativa calma, concede qualche istante di evasione. Il libro si apre sotto i miei occhi, nell’osservarlo, non posso prendere le distanze o trattenere un impeto di gioia. Né posso dominare il mio gusto al primo contatto col sapore che sa offrirmi la lettura di qualche passo qua e là, come assaggio. L’autore è un architetto americano, Lewis Mumford. Presenta nelle sue pagine un’avventura letteraria, una testimonianza dello straordinario incontro della sua sensibilità e delle sue convinzioni estetiche con l’arte di Herman Melville. Forse lo vede seduto alla scrivania mentre alza gli occhi e guarda la vallata e i profili di Mount Greylock, attraverso la finestra che ha di fronte, dalla tenuta di Arrowhead nel Berkshire. Melville ha l’impressione di guardare da un oblò l’Atlantico e la notte, quando sente urlare il vento, la stanza gli appare come la cabina di una nave in balia delle onde.

Ritrovo segni, tappe di un viaggio felice nel quale Lewis Mumford si muove sulle tracce di Melville con un’ammirazione che esprime senza uscire dai confini di un sereno equilibrio letterario. Non serve una gran facoltà di comprensione e di selezione per comprendere che è un saggio bello, nutriente, perfetto. Scritto nel 1929, è stato pubblicato in Italia nel 1965 da Edizioni di Comunità con la traduzione di Loretta Valtz Mannucci. È una biografia ricca di sostanza e di vita. Mentre l’autore costruisce la meravigliosa architettura del libro, invita i sensi di chi legge a seguirlo.

Si apre a pagina 159, circa a metà, e ogni parete sparisce, anch’io osservo Melville mentre dà il fieno e la zucca al cavallo e alla mucca, e raccoglie le mele nel frutteto. Lavora regolarmente nella tenuta cui ha dato il nome di Arrowhead, ricordando la freccia dei Mohicani nativi di quei territori prima della conquista, ritrovata mentre dissodava un campo. Il fieno è stato ricoverato nel fienile, la posta è stata prelevata dal villaggio con la slitta, i pascoli tinti d’estate dal trifoglio rosso presto accoglieranno le foglie degli aceri che imporporano le colline insieme agli amaranti.

È il tempo dei fermenti d’autunno, il tempo di cominciare. “Chiamatemi Ismaele”. Ecco il primo passo. I fogli sparpagliati sulla scrivania portano innumerevoli annotazioni e citazioni sulla balena bianca, frutto di anni di ricerche. La scorta di legna è cresciuta, nella sala da pranzo l’enorme camino risucchia aria e crea vortici di vento. Forse la casa di Melville ha delle vele sul tetto.

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