Che dire dei giornalisti scanzonati d’un tempo? Mi riferisco a una dozzina di giornalisti della redazione del Nuovo Giornale di Firenze fra i quali: Massimo Bontempelli, il pachidermico Baccio Bacci, Giosuè Borsi e Mario Fiorini, poi morti al fronte, e Binaghi detto il Naga, il più anziano. In un giorno del 1913, scritturati in un’osteria un sonatore di fisarmonica e un altro di chitarra, partono dagli uffici del giornale al suono della Vedova Allegra. Da Via Faenza si spingono per via Nazionale e Piazza dell’Indipendenza. Alcuni ragazzi si accodano allegramente alla combriccola, la truppa s’ingrossa e si fa imponente. Qualcuno fa da alfiere, portando a spalla la pesante bandiera che il Nuovo di Firenze usa esporre alla finestra, nelle ricorrenze patriottiche. Baccio Bacci con una larga fascia tricolore che gli circonda la vita è l’oratore prescelto per l’occasione. Il Naga col bastone al braccio marcia rigido e impettito. Arrivano al Viale Principessa Margherita. I suonatori attaccano con l’Inno di Garibaldi, e la folla urla “Viva Vamba, fuori Vamba vogliamo Vamba”. Ma le finestre della casa di Luigi Bertelli detto Vamba rimangono chiuse, il padrone di casa non si fa vedere. Gli amici hanno deciso di chiedergli in forma pubblica e solenne un bis di una sua pièce umoristica presentata la settima prima al Teatro Niccolini, a beneficio della Federazione Stampa Toscana. Per quanto lo si reclami con inni ed evviva, Vamba non appare. Armando Franquienet che per statura, baffi e portamento sembra un cavaliere antico viene mandato a parlamentare in casa per convincerlo a uscire, mentre Massimo Bontempelli inizia la scalata alle finestre del piano terra, ad altezza d’uomo. Nel frattempo, s’è formata una folla di curiosi che non comprende nulla di ciò che accade ma si unisce ai canti e applaude. Bontempelli ha già messo un piede sul davanzale seguito dal Fiorini, quando torna Franquienet e li tira giù per i calzoni.
“Squagliamocela” gli urla atterrito “ho trovato una tigre in casa!” Vamba ha scoperto Franquienet nascosto in bagno, e ha reagito dando segni di volerlo quasi divorare vivo. Viene ripiegata la bandiera, Baccio Bacci intasca la fascia, la musica cessa di colpo, Vamba non ha gradito l’improvvisata, eppure in altri tempi s’era divertito a aveva suonato il trombone di cartapesta per le vie della capitale con i redattori del Capitan Fracassa, che avevano l’abitudine di mangiare tutti insieme in una trattoria di Via Nazionale. Vamba ripete però la sua deliziosa presentazione al Teatro Niccolini e confessa: “In vita mia non ho mai confessato d’essermi pentito di nulla. Ma non mi vergogno di confessare che mi pento di non aver bene accolta e secondata la vostra chiassata di quel giorno. Mea culpa”.