Albert Camus, orfano di padre l’anno dopo la sua nascita, vive nel quartiere povero di Algeri, in rue de Lyon a Belcourt, in un modesto appartamento di tre stanze con la madre, Catherine Sintes, catalana di umili origini, analfabeta, operaia in una fabbrica di cartucce e domestica, la nonna materna, il fratello Lucien e uno zio infermo, bottaio “sordo, muto, cattivo e stupido”, che ostacola brutalmente un amore della sorella. Catherine tenta faticosamente di costruire una relazione con un uomo messo allo stesso modo a dura prova dall’esistenza.
La nonna è dispotica, autoritaria, comanda i nipoti con un frustino. La madre taciturna annega in un “ammirevole silenzio” le amarezze di una vita avara, ma interviene se la nonna picchia troppo forte i suoi figli. “Non picchiare sul capo, no”. Quando ricevono visite, la nonna gode nel chiedere ad Albert in presenza di sua madre: “Chi preferisci la mamma o la nonna?”. Albert è costretto a rispondere: “la nonna”. In quel momento prova “in cuore un grande slancio d’amore per quella madre che taceva sempre”.
Catherine sente i figli come presenza troppo naturale per potergli dimostrare a gesti o a parole l’attaccamento profondo, è quasi incapace di accarezzarli. Quando qualcuno le chiede a cosa pensi risponde sempre: “a niente”. Una notte in cui lei è ammalata, Albert la veglia e si sentono: “soli contro tutti”, nella tacita intesa che li lega. Albert infatti non pensa mai di rimproverarle l’atteggiamento singolare che tiene di fronte alla sua malattia, i primi sintomi della tubercolosi si manifestano in giovane età e, benché la madre sia consapevole della gravità della malattia del figlio, si mostra apatica, quasi indifferente. Il modo di essere della madre, la sua esistenza in solitudine sono ben rappresentati da una frase dello Straniero: “Quando era a casa la mamma passava il suo tempo a seguirmi con lo sguardo in silenzio”.
È Louis Germain, il maestro della scuola elementare, ad accorgersi delle sue doti, ne riconosce l’intelligenza, lo segue in modo esemplare negli studi anche fuori dall’orario di lezione. Vince la resistenza della nonna che vorrebbe che Albert troncasse gli studi al più presto per trovarsi un lavoro. Lo prepara a concorrere per borse di studio. Nel 1924 Albert è ammesso al gran lycee di Algeri, a indirizzo classico, materie principali: francese e latino.
Quando l’ambasciatore di Svezia si reca da Gallimard per annunciargli l’attribuzione del Premio Nobel, Albert, dopo aver ringraziato, si precipita a telefonare alla madre a Belcourt, dopodiché scrive a Louis Germain, il suo maestro: “mi hanno appena tributato un onore troppo grande che io non ho cercato né sollecitato. Ma quando ho appreso la notizia, il mio pensiero, dopo quello per mia madre, è stato per lei. Senza di lei, senza quella mano affettuosa che lei ha teso al piccolo bambino povero che ero, senza il suo insegnamento e il suo esempio, nulla di tutto questo sarebbe accaduto”.
Il mese successivo a Stoccolma, Albert Camus, vestito con un abito preso a nolo, nell’antica sala dei concerti color rosa e oro, riceve il premio dal re Gustavo VI: in municipio, durante il banchetto, pronuncia il discorso di ringraziamento che dedica a Louis Germain, il suo maestro.