La casa di Jean Bruller (Vercors) che i nazisti avevano requisito si trovava a Villieurs-sur-Morin, un piccolo paese nell’Île de France.
L’ufficiale tedesco che aveva presidiato la sua abitazione gliela aveva restituita appena fu proclamato l’armistizio; Bruller, entrando in casa, aveva ritrovato ogni cosa al suo posto e in ordine, i tappeti avvolti per non farli sporcare.
Qualche giorno più tardi Bruller aveva incontrato per strada l’ufficiale che gli aveva sorriso. Lui, istintivamente, non aveva risposto al sorriso e aveva tirato dritto, per poi pentirsene subito.
Si era ripromesso, perciò, di fare almeno un cenno con il capo, se fosse capitato di incontrarlo ancora.
Quando questo accadde, Bruller non era solo, ma in compagnia di un amico animato da una forte avversione per i nazisti occupanti. Bruller non volle far dispiacere il suo amico e anche questa volta non ricambiò il saluto dell’ufficiale tedesco. A questo punto Bruller pensò che non avrebbe più potuto cambiare atteggiamento: sorridere al terzo incontro sarebbe stato interpretato probabilmente come una richiesta di scusa. Si era così imposto, un poco malvolentieri, di voltare il capo dall’altra parte ogni volta. Ma il nazista aveva continuato a salutarlo cortesemente ogni volta che s’incontravano, per tutto il tempo in cui la truppa era rimasta a Villieurs-sur-Morin.
Quando iniziò a scrivere il racconto che lo avrebbe reso famoso, Il silenzio del mare, Brueller ripensò all’ufficiale tedesco con il quale non aveva mai scambiato una parola e decise di farlo parlare, ma lasciarlo senza una risposta anche stavolta.
Era un nemico, certo, eppure in quei saluti gli era sembrato di vedere un barlume, qualcosa di buono che la guerra, crudele e inesorabile, aveva spazzato via.
Bibliografia:
Vercors, Il silenzio del mare, Einaudi;
Vercors, La zattera della Medusa, Mondadori.