Nelle lezioni precedenti:
Il desiderio del protagonista
La lezione sul desiderio, in genere, è un punto di svolta. Un sacco di scrittori in erba inventano storie in cui il protagonista non sa bene quello che vuole. La regola è che se un personaggio non ha desideri è perché l’autore non ha un’idea chiara di quello che vuole dire. È una lezione che mette gli allievi di fronte a sé stessi, perché devono anche chiedersi cosa vogliono per loro in quanto scrittori. Vogliono essere artisti? Vogliono esprimersi? Che effetto avrebbe avuto sui morti viventi?
Io continuavo a dormire poco, guidavo l’idropulitrice di notte e non riuscivo a evitare mia madre in nessun modo. Ora è chiaro come mai mi siano sfuggite così tante cose sugli zombie. Non voglio giustificarmi, sto solo cercando di riordinare le cose mettendole nero su bianco.
Il 16 novembre 2022, in sala, si sono presentati trenta zombie. Alcuni stavano in piedi, perché trenta sedie non ce le avevamo, ma non sembravano turbati. C’era un senso di eccitazione nell’aria, uno scricchiolio di ossa continuo, come se non riuscissero a stare fermi.
Sono uscito e ho chiamato la presidente dell’associazione: “Sbaglio o abbiamo nuovi iscritti?”
“Sì! A quanto pare sono entusiasti del corso, gli piaci molto”.
“Ti ricordo che io sono solo”, ho sibilato.
“Senti”, ha detto lei dall’altra parte, abbassando la voce “Oronzo ha deciso di far entrare altre persone. Anche questi hanno già pagato tutte le lezioni, anche le prime due che non hanno fatto. Ti sembrano il tipo di persone a cui puoi dire di no?”
“Non so se ti rendi conto di cosa vuol dire avere trenta morti viventi in sala…”
“Che vuoi che faccia? Inventati qualcosa, sei tu il creativo qui”, e ha messo giù.
Sono rientrato in sala cercando di respirare con la bocca. “C’è qualcuno che vuole leggere l’esercizio?” ho chiesto sconsolato.
“Bella doc, se posso leggo io” ha detto uno di quelli nuovi. Due o tre ciocche di quello che rimaneva dei suoi capelli lunghi scendevano sulle spalle. Indossava una giacca di pelle e un solo stivale a punta. L’altra gamba non era solo senza stivale, era proprio senza tibia e perone. Sul teschio aveva paio di Rayban poggiati dove una volta doveva aver avuto un naso. Si tenevano su con un elastico.
“Tu non c’eri l’altra volta”, ho fatto notare.
“Me chiamano Rayban, doc”, ha detto e, non so come, mi era parso che sorridesse, poi ha aggiunto “No, non c’ero doc, però l’altri m’hanno detto tutto e ho studiato. Posso legge?”
“Leggi”, ho detto e mi sono seduto.
“Premetto ’na cosa doc. Io facevo er cantante e scrivevo in dialetto. Quindi ho scritto in dialetto… cioè… solo certe parti, tipo Pippippì.”
“Chi è Pippippì?”
“Come chi è doc? Nun conosci Pippippì? Pier Paolo no? Pasolini”.
“Ah, bene”, ho detto, “sentiamo”.
“Allora, in pratica, stavamo a torna’ al cimitero come tutte le matine e in pratica c’era ’sto guardiano che è ’na guardia infame che ce rompe sempre le palle perché ce tratta come le merde. Perché noi ar Verano semo i più poracci de tutti in pratica…”
“Scusa, Rayban, posso farti una domanda?”
“Spara doc”
“Tutti questi in pratica, li stai aggiungendo tu ora o sono proprio nel testo?”
“Stanno nel testo doc!”, e ha girato il quaderno verso di me. La pagina era sporca di terra ma non c’era scritto niente.
“Ok, vai avanti” ho detto.
“Quindi dicevo che noi ar Verano semo poracci e allora ce trattano come le merde da secoli e secoli e quindi l’antra sera, pure garvanizzati dal corso che c’hai fatto, cioè che hai fatto all’altri, se semo detti a rega’ eccolo un nemico. È ’st’infame qua, er guardiano der cimitero! Doc, c’ha tutte ’e caratteristiche: ce tratta male, è in carne e ossa, popo come hai detto tu, un nemico vero. Se semo detti: mo vedemo che se ’nventa doc quando tornamo ar corso e je la raccontamo. Insomma, co’ ’n paio d’amici l’avemo appiccicato ar muro e j’avemo strappato er core dar petto e poi j’avemo magnato la testa, così nun poteva diventa’ zombie. Fine. Che ne dici doc? Bella?”
“Ragazzi, scusate”, ho detto alzandomi, “qui c’è qualcosa che non va”
“Nun è bello doc?”
“Guarda, bello è bello. Il problema è che… aspetta. Non lo avete fatto davvero, giusto?”
“Noooo doc”, ha detto Rayban e mi pareva sorridesse di nuovo.
“Ragazzi”, ho detto, “se volete scrivere di un crimine, non dovete commetterne uno. Ce ne sono decine da cui prendere ispirazione”.
“Ma infatti noi non abbiamo fatto niente”, ha detto Oronzo. Poi ha chiesto “di che parliamo oggi?”
“Oggi parliamo del desiderio del protagonista” ho detto e gliene ho parlato.
Hanno ascoltato la lezione in silenzio, tranne quando ho detto: “Non c’è niente di meglio di un protagonista volitivo”
Uno di quelli che stava in piedi ha chiesto: “Che vuol dire volitivo?”
“Vuol dire che vuole qualcosa e, in genere, cerca di andare a prendersela”.
Ecco un’altra cosa che ho imparato degli zombie: quando gli spieghi qualcosa, la capiscono.
Ho assegnato un esercizio e li ho mandati a casa. Non appena se ne sono andati mi sono acceso una sigaretta e ho cercato “Verano” tra le notizie di Google.
C’erano due o tre articoli sui siti locali. Mario Arcella, custode da trent’anni e prossimo alla pensione, era sparito nel nulla tre giorni prima. La polizia seguiva la pista del regolamento di conti, visto che il cadavere era stato trovato senza testa e senza cuore, anche se stavano cercando di capire di cosa fosse morto. A quanto pare il custode aveva piccoli precedenti per spaccio e la polizia si stava già interessando a lui per alcuni traffici illeciti.
“Vedi?” mi sono detto quella notte, mentre seguivo il mio collega con l’idropulitrice, “È solo una coincidenza. Cioè, lo hanno letto e hanno inventato una storia, che bravi.