Per prima cosa bisogna chiedersi: ma le storie da dove provengono in realtà?
Sono un frutto della nostra coscienza individuale, oppure escono fuori da una dimensione che non controlliamo? Ecco, se fosse vera la seconda ipotesi – come io credo che sia – cioè se le storie scaturissero dalla nostra dimensione inconscia, allora la domanda successiva sarebbe: ma l’inconscio in che modo comunica i suoi contenuti? La risposta in questo caso è immediata: lo fa attraverso le immagini, come nei sogni.
Per dialogare con il nostro inconscio, quindi, non possiamo usare un linguaggio qualsiasi, dobbiamo usare un linguaggio per immagini. In tal senso, le carte dei Tarocchi costituiscono un linguaggio per immagini tarato nei secoli per stabilire una connessione con la nostra dimensione inconscia e interpretarne i contenuti.
Poiché fra questi contenuti, come abbiamo ipotizzato, ci sono anche le storie, allora sì, le carte possono essere molto utili per estrapolare una storia dalla nostra dimensione non cosciente e trasformarla in parola scritta.
L’esempio illustre che porterei in causa per corroborare questo punto di vista è Italo Calvino, che nel romanzo breve “Il castello dei destini incrociati”, pubblicato nel 1969, dimostra come pescando carte apparentemente a caso da un mazzo di Tarocchi sia possibile creare storie attingendole dal pozzo infinito di noi stessi.
Alla Prossima!
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