La sera del 21 dicembre 1969 Camilla Cederna non riesce a prendere sonno. Quella mattina ci sono stati i funerali delle vittime della bomba del 12 dicembre alla Banca dell’agricoltura. Cinque ore in Duomo, in piedi, per vedere e sentire una Milano sgomenta e scioccata, e poi a casa, troppo stanca per dormire e per scrivere un articolo così diverso dalle sue cronache mondane sull’Espresso.
Si è appena sdraiata quando arriva la telefonata da due colleghi del Corriere.
Un uomo si è buttato dalla finestra della Questura, passiamo a prenderti, non farci aspettare.
Dopo pochi minuti, Corrado Stajano e Giampaolo Pansa la caricano in macchina e ripartono subito.
Un certo Pinelli, un ferroviere, un anarchico, era in stato di fermo da due giorni, durante l’interrogatorio è volato dalla finestra del quarto piano, l’hanno portato al Fatebenefratelli, andiamo lì.
La notizia ha già fatto il giro di Milano e il pronto soccorso è pieno di giornalisti che cercano inutilmente di entrare. Mentre i suoi colleghi vengono bloccati dagli infermieri, Camilla, unica donna presente, assume un’aria preoccupata e varca sicura l’ingresso del Pronto soccorso senza che nessuno la fermi.
Si affaccia alla prima stanza, sul lettino c’è un uomo sui quarant’anni, il viso tumefatto coperto di sangue, il corpo coperto da un lenzuolo.
Il medico di guardia è seduto e sta scrivendo qualcosa, le parla senza voltarsi: è caduto dal quarto piano, una costola ha perforato il polmone, lesioni interne spaventose, non c’è stato il tempo di intervenire…
Si gira a guardarla, è giovane, il volto tirato, lo sguardo stanco.
Si chiama Pinelli Giuseppe, è arrivato che era già morto… Lei è una parente?
Camilla sta per dire di sì, vuole saperne di più ma un collega di una testata concorrente la scorge dal fondo del corridoio e grida: È una dell’Espresso, perché l’avete fatta entrare?
Camilla si volta e guadagna velocemente l’uscita. Appena fuori respira a pieni polmoni ma non riesce a togliersi dagli occhi l’immagine di quel volto sfracellato.
Sei entrata? L’hai visto? Corrado e Giampaolo le corrono incontro.
Lei fa cenno di sì, con la testa, non riesce a parlare.
Piumino da cipria, l’ha chiamata Indro Montanelli, in spregio alle sue cronache mondane e ai suoi ritratti (spesso al vetriolo) dei vecchi e nuovi ceti milanesi.
Sei pallida, ti riportiamo a casa…
No, vengo al giornale. Sente che quella sera è accaduto qualcosa di grosso, e ancora non sa quanto sarà importante per lei questo ferroviere, padre di due bambine, e le mille inchieste che verranno, e l’uccisione del commissario Calabresi e tutto quello che sarà.
Piumino da cipria, così la chiama Indro Montanelli.
Mi spiace per te, Indro, niente cipria stasera.
Bibliografia
Camilla Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Feltrinelli
Camilla Cederna, Noi siamo le signore, Longanesi.