Ogni sera, dopo aver messo a letto i bambini, Sonja Tolstaja entrava nella stanza dove il marito si rinchiudeva a scrivere per buona parte del giorno. Seduta alla piccola scrivania di mogano, la donna guardava la pila di fogli ammucchiati da un lato, un’altro capitolo del romanzo che Lev stava scrivendo da mesi.
L’estate era finita da un pezzo, ma Sonja ripensava spesso a quei giorni rumorosi e felici, quando Lev cavalcava nei boschi di betulle, o andava a caccia di anatre selvatiche con i nomadi del Volga.
Gran parte del suo tempo, però, era per Serjoza, Ill’ja e Aleksandra, i loro bambini. Facevano gare di tuffi nel Voronka, poi giocavano al pallone o al croquet. Al tramonto, quando la luce dorata avvolgeva la casa di Jasnaja Poljana, suo marito narrava loro storie di animali, oppure leggeva a voce alta I tre moschettieri o Ventimila leghe sotto i mari.
Con l’arrivo dell’inverno Lev tornava a chiudersi nello studio per scrivere. Al centro di questa storia c’era una donna di nome Anna, con un amore infelice e un figlio che si chiamava come il loro primogenito.
Ogni sera davanti ai suoi occhi Anna Karenina prendeva vita: Anna che incontra Vronskj alla stazione, Anna che si lancia in un valzer che non avrebbe dovuto ballare, Anna che guarda Karenin e si accorge, costernata, di quanto siano brutte le orecchie del marito, Anna dalle belle mani ingioiellate e tormentate, a svelare un’ansia e un dolore difficili da tenere nascosti.
Con un sospiro, Sonja intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a ricopiare con la sua grafia minuta e ordinata, quanto scritto da Lev durante il giorno, fino a notte inoltrata, fino alla fine del capitolo.
Bibliografia:
Lev Tolstoj, Anna Karenina, BUR
Lev Tolstoj, Felicità familiare, Garzanti.