I criteri di scelta del genere narrativo

Oggi, cari amici neo-scrittori, torniamo un momento ai criteri di scelta del genere narrativo per il nostro romanzo, per il romanzo che stiamo scrivendo, o abbiamo in mente di scrivere prima o poi.

Oggi, cari amici neo-scrittori, torniamo un momento ai criteri di scelta del genere narrativo per il nostro romanzo, per il romanzo che stiamo scrivendo, o abbiamo in mente di scrivere prima o poi. Avete già deciso il vostro genere? Ci avete pensato? Volete scrivere un romanzo rosa, un thriller, o un libro di fantascienza, un noir, oppure il vostro è un romanzo non di genere, cioè un romanzo mainstream, un romanzo “di letteratura” (modi diversi per definirlo).

Nella scelta dobbiamo tenere conto che ogni genere ha le sue difficoltà, dipende dalle inclinazioni dello scrittore. A me, per esempio, sarebbe tanto piaciuto essere un giallista: ma non sono portato, mi perdo negli enigmi, mi confondo con gli indizi, le false piste, le trame troppo complicate… Mi manca l’approccio logico, razionale. L’importante è avvicinarsi al genere che si è scelto per il proprio romanzo con umiltà, senza snobismo, studiarne le regole, scoprirne i segreti, conoscendo a fondo gli scrittori che lo hanno praticato.

Forse il modo più semplice per scegliere un genere è quello di scrivere quello che ci piace leggere. Quindi è un problema di familiarità, di affinità. Stephen King, per esempio, ha scritto da qualche parte: “La narrativa letteraria di solito si occupa di persone straordinarie in situazioni ordinarie, ma sia come lettore che, come scrittore, sono più interessato alle persone comuni in situazioni straordinarie. Voglio provocare nei miei lettori una reazione emotiva, persino viscerale. Farli pensare mentre leggono non è il mio scopo”.

Ma per un altro scrittore sarà proprio il contrario, si punterà su un’altra reazione emotiva del lettore, meno viscerale e più razionale… Nessuno esclude che poi si possa battere diversi generi nella vita, magari cominciare con un classico romanzo di formazione, e poi scrivere degli horror, o dei fantasy. Ma sempre prima conoscendolo, il genere, a fondo, entrandoci in confidenza a poco a poco. Perché sennò si rischia di scadere nel dilettantismo. Fate una cosa, come esercizio della settimana, scrivete un breve racconto nel quale un vostro alter-ego scrittore parla dei propri libri a una scolaresca di liceo e poi risponde alle domande che gli fanno i ragazzi. Ci sarà certamente quello che commenterà “sticazzi, che palle!”, ma ci sarà anche il saputo che sa tutto e quello timido e poco eloquente che parla poco e male, ma magari dice qualcosa di strano e originale che lascia lo scrittore esterrefatto. Fate voi, costruite un evento che abbia in sé l’informazione (sul genere letterario) ma anche un po’ di divertimento, di emozione, leggendolo. A me, per esempio, capitò che in un liceo di Fermo, dove presentai Il branco, le professoresse e il preside si scandalizzassero parecchio, mentre la scolaresca niente affatto. E ne nacque un dibattito etico, anche aspro…

Alla prossima. 

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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