Un’opera d’arte è qualcosa che muove dentro chi la guarda un cambiamento. Quindi Domitilla, che è la mia compagna, è un’opera d’arte. Ora posso trasformarla in gelato, concedetemelo per chiudere l’anno in bellezza.
Capelli arricciati come raggi di sole contorno di un viso che è tutto un sorriso. I denti bianchi e perfetti sono fior di latte, latte d’alpeggio sia chiaro, saporito e genuino, bianco che brilla. La pelle chiara e liscia è una panna montata, soffice come albume appena pronto per diventare meringa, impalpabile, da acquolina in bocca.
I capelli tutti intorno sono ciuffi di semifreddo allo zabaione corretto, affusolati con maestria come un gelatiere decorerebbe il perimetro di una torta regale armato di sac-a-poche; tartufo d’alba è invece quel piccolo naso perfetto, pregiato, da grattugiare sfiorandolo appena su morbide labbra color gelato di visciole.
Gli occhi luminosi, del calibro di untuose nocciole viterbesi marrone pastello, sono complessi come un gelato di liquirizia; mi scrutano da sempre con un bagliore nascosto, un cenno profondo di amore che colgo al volo, sorpreso da un retrogusto di anice stellato che rende unico il sapore.
La forma è corposa, profumata di fiori eduli morbida e compatta, mai geometrica, forma sempre libera di manifestarsi a proprio gusto come le migliori ricette di un abile maestro.
Il gelato perfetto insomma, quello che ti fa perdere la ragione ogni volta che lo assaggi. Come Domitilla.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.