Talvolta accade che, partendo da un corso di scrittura creativa, un autore riesca a far emergere non solo una storia ma anche un problema reale, ad accendere un riflettore – come si dice – su una questione che interessa moltissimi. Questo ha fatto Sara Marcoccia, autrice di un romanzo fortemente autobiografico dal titolo Le giraffe in giardino (Paesi edizioni 2024), una narrazione che unisce frammenti di vita, paesaggi africani e l’endometriosi, una malattia che a poco a poco comincia a essere meno negletta (ricordiamo anche il quasi contemporaneo romanzo di Tea Ranno, Avevo un fuoco dentro, che unisce alla malattia la passione per la scrittura). Dal percorso di scrittura seguito da Sara, condotto da Massimiliano Ciarrocca e Loredana Germani, è scaturito un testo che propone una lettura gradevole, con un linguaggio piano, rivolto a un pubblico molto ampio, quello che deve venire a conoscenza per bene del problema. Ed ecco l’occasione per una nostra intervista a Marcoccia, che oltre a scrivere è laureata in Farmacia e Ingegneria industriale, ed è direttrice di farmacia.
Sara Marcoccia, come nasce in te la voglia di scrivere questa storia?
Nasce dal desiderio di dar voce a tutte le donne che come me soffrono di endometriosi, siamo chiamate guerriere invisibili poiché di questa patologia purtroppo poco se ne parla e c’è ancora tanta disinformazione. Allora un giorno, in un momento particolare della mia vita in cui sentivo un forte bisogno di iniziare una scrittura terapeutica ed ero alla ricerca di una serenità interiore, mi sono chiesta: cosa posso fare io con le mie competenze per dare vita a questa voce? E la risposta è stata: perché non iniziare a scrivere un racconto introspettivo, ebbene sì, il racconto della mia vita.
Quanto c’è di vero e quanto c’è di inventato in quello che narri?
Probabilmente la mia vita finora è stata intensa di emozioni e di esperienze e la quasi totalità della storia che narro è davvero il mio vissuto. Pochissimi punti del racconto sono fiction ma rispettano appieno il vissuto di una donna affetta da endometriosi. Con tutte le problematiche che una malattia cronica come questa ti mette di fronte, sia fisiche che psicologiche. Una patologia che inesorabilmente ha influenzato e ancora influenza la mia vita e quella di Francesca, la protagonista.
La scrittura è volutamente accessibile a tutti, pensi che sia necessario per un libro come questo?
La scrittura deve essere accessibile a tutti, ancor di più in questo caso il cui fine principale è quello di informare, divulgare e rendere consapevoli le donne affette da endometriosi e non solo. Definirei questa patologia una epidemia silenziosa, colpisce 1 donna su 7, si tratta di 3 milioni di donne solo in Italia e di cui si parla ancora troppo poco. Da un recente studio è stato evidenziato che solo una donna su due sa di cosa si tratta quando si parla di endometriosi. In molti casi non si conoscono i sintomi e le possibili conseguenze. E le stesse donne che ne sono affette spesso navigano in un totale disorientamento dovuto in primis al gigantesco ritardo diagnostico che ne consegue.
È molto presente l’Africa, fin dal titolo, che rapporto hai con quella terra?
L’Africa per me è stata come un amore a prima vista. Sai quando ti parlano del mal d’Africa? Beh, esiste. Io ho avuto un estremo bisogno di lei e lei di me. Ero alla ricerca di uno stato di serenità e libertà che era dentro di me, indipendentemente da quello che la vita finora mi aveva riservato e lei con la sua semplicità me lo ha mostrato. Non esiste nessun posto al mondo che mi ha stravolto di più tutti i sensi. Lì ho ritrovato la pace interiore perché l’Africa è quella terra dove, quando il sole tramonta e l’aria si fa fresca riempiendosi di suoni, puoi socchiudere gli occhi e sorridere in pace, come chi è finalmente tornato a casa.
Portare allo sguardo del pubblico una malattia così misconosciuta come l’endometriosi è stato difficile?
Quando si parla di endometriosi si parla di una malattia ginecologica ancora poco chiara anche per gli stessi specialisti, molte persone mi hanno fatto la classica domanda: endo che? Ecco da qui il desiderio di descrivere in un romanzo di facile lettura e facile interpretazione, anche in formato pocket, questa malattia sociale, economica e invalidante.
Un altro dei temi nella storia è quello della procreazione assistita, è ancora un argomento scioccante in Italia?
Scioccante non più, questo lo dimostrano anche i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità su quanto sia stata dirompente negli ultimi anni la PMA, la procreazione medicalmente assistita, nel nostro Paese. L’unico problema è che ancora se ne parla poco, è un tabù, ci si nasconde dietro a un silenzio scomodo e a un imbarazzo che si avverte ogni qualvolta ci si riferisca a problemi di sterilità o infertilità. Soprattutto quando si parla di maternità si pensa che tutto debba avvenire naturalmente, ancor di più quando la decisione di ricorrere alla fecondazione assistita appartiene alla vita privata della coppia, alla loro sfera più intima, alla sessualità. Ma purtroppo il 30-50 % delle donne con diagnosi di endometriosi deve fare i conti con questa realtà. Fortunatamente negli ultimi anni le cose stanno cambiando, si sta guardando a questa tecnica come alla chiave della felicità per molte coppie affinché anche loro possano vedere LE GIRAFFE IN GIARDINO.
La protagonista di questa storia, mentre sta facendo faticose e impegnative cure per rimanere incinta, continua a lavorare, non dice niente ai suoi colleghi, ha forse pudore o forse paura di essere scoperta?
Il vero problema tante volte non nasce neanche dall’esterno ma dalla percezione che la donna ha di se stessa, questa rende difficile la condivisione del problema e delle possibili soluzioni. La donna spesso prova senso di vergogna, di inferiorità, che la porta a nascondersi e a vivere le difficoltà in solitudine e in silenzio. Ancor di più quando non si è certi che la PMA vada a buon fine e bisogna ricominciare tutte le cure dal principio senza una reale certezza.
La tua storia si rivolge soprattutto alle donne, alle ragazze giovani?
Si rivolge a tutte le donne dal menarca fino alla menopausa e oltre, essendo una patologia cronica che si ripercuote su tutta la vita di una donna. Sicuramente le ragazze giovani anche solo riconoscendosi in uno dei sintomi descritti in questo romanzo, il dolore cronico addominale, il dolore nei rapporti sessuali, la stanchezza cronica, le mestruazioni abbondanti, problemi gastrointestinali (endobelly), ecc…, possano accendere un capannello di allarme e rivolgersi a centri specializzati così da ridurre l’abnorme ritardo diagnostico e le serie conseguenze fisiche e psicologiche. Il messaggio che mi sento di mandare per queste giovani ragazze è che il dolore durante il ciclo mestruale non è normale e l’endometriosi esiste, è una malattia multifattoriale e ad approccio multidisciplinare dove il ginecologo è solo il direttore d’orchestra.
E che ruolo possono avere gli uomini in questa vicenda?
Probabilmente gli uomini hanno un ruolo chiave come la famiglia nella presa di coscienza della malattia. Loro sono il fil rouge di cui ha bisogno Francesca, la protagonista del romanzo che deve scegliere tra l’adozione di un bambino di Pretoria dove lei fa volontariato ormai da anni, oppure intraprendere la strada della fecondazione assistita. Molto spesso per l’uomo non è facile riconoscere il problema e comprendere i sintomi, soprattutto per una patologia che non ha una cura. Gli sforzi e la comprensione devono arrivare da tutti, in primis da chi è più vicino a queste donne. Camminare insieme mano per mano verso la strada della consapevolezza.