Giuseppe Berto e il male oscuro

Tra le mille paure che lo assediavano ne era spuntata una nuova, che gli faceva più paura di tutte, quella che lo bloccava davanti alla macchina da scrivere.

Giuseppe Berto gettò un ultimo sguardo sui fogli e le carte ammucchiati sulla scrivania, sopra il divano, sulla mensola incastrata nel vano della finestra, poi chiuse la porta dello studio, mentre un soffio di aria polverosa gli seccava la gola facendolo tossire. Il dottor Perrotti, lo psicoterapeuta, era stato chiaro: Signor Berto, non c’è nulla che le impedisca di ricominciare a scrivere ma le consiglio di non mettere più mano a cose vecchie, butti via tutte le sue carte e ricominci da capo!

Lui e sua moglie Manuela avrebbero chiuso la casa di Roma, sarebbero andati a stare per un po’ a Capo Vaticano, nella casupola arroccata sul mare che aveva comprato tempo prima. Secondo il dottor Perrotti doveva staccare la spina per almeno due mesi, se voleva vedere dei risultati.

La sua malattia era stata subdola e invalidante, nei momenti peggiori Berto non riusciva più a restare da solo in una stanza o attraversare una strada. Di prendere ascensori, treni, aerei o navi neanche a parlarne. Tra le mille paure che lo assediavano (di ammalarsi, di morire, di rimanere paralizzato) ne era spuntata una nuova, che gli faceva più paura di tutte, quella che lo bloccava davanti alla macchina da scrivere, la pagina bianca infilata nel rullo, le mani paralizzate sulla tastiera.

Per sconfiggere il suo male le aveva provate davvero tutte: sedute infinite di agopuntura, rimedi omeopatici, per qualche mese dormì con due vocabolari sotto le gambe per favorire la circolazione. Un medico fantasioso gli prescrisse anche di lavarsi i denti con il sapone di Marsiglia.

Naturalmente nessuna di queste cose aveva funzionato, ma per fortuna qualcuno gli aveva parlato del dottor Nicola Perrotti, “un uomo buono, intelligente, comprensivo, attento, amoroso”. Con lui aveva cominciato ad affrontare le sue fobie, ad allentare i nodi che lo costringevano, a lenire il suo dolore, così sordo, così profondo.

Il mio è un male oscuro, pensò, ma ci devo parlare se voglio tornare a scrivere, e cercò istintivamente con gli occhi la luce del sole che stava tramontando su Roma.

 

Bibliografia:

Giuseppe Berto, Il male oscuro, Rizzoli

Giuseppe Berto, Anonimo veneziano, Rizzoli.

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Loredana Germani

È tra i fondatori della Scuola di scrittura creativa Genius. Dopo gli studi in Storia e Letteratura italiana, scrive diversi racconti autobiografici e articoli in cui descrive incontri con autori. Ha curato l’antologia di racconti A Roma San Giovanni e tiene la rubrica Vita da scrittore sulla rivista letteraria Dentro la lampada, nella quale narra opere e aneddoti di grandi personaggi letterari.

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