Mi trema la voce. Sudo. A malapena respiro. Per fortuna c’è il mio migliore amico. Mi prende, mi tira su. Devo aver esagerato. Vomito a terra tutto quello che ho ingerito negli ultimi anni, mi sembra. Quando mi succede così, devo farmi una coppetta. Piccola va bene ma devo farmela.
Il mio amico non ne può più. Cadendo mi sono fracassato il naso. Vorrei capisse che posso farne a meno quando voglio. Non adesso però, dannazione. Non ora. Ora voglio solo la mia coppetta. Di peso mi porta al Palazzo del Freddo, non ha alternative e mi molla all’entrata. Un milione di piccoli angoli di paradiso mi ruotano intorno. Mi libero di lui, o lui di me, striscio al banco, ho le mani sporche del sangue colato dal naso. Devo avere la mia coppetta. Devo spararmela tutta. Mi sembra disgustato il banchista, voglio il cioccolato e la panna. Cioccolato e la panna. Cioccolato e la panna. Sto per svenire di nuovo. Sbrigati ragazzino, penso. Prego la mia voce sia uscita da qualche buco e che lui mi abbia sentito. Sono in piedi per miracolo, mi arriva la coppetta. Apro la bocca e ci ficco un cucchiaio pieno da far schifo, la botta di gusto arriva gelida. Il battito rallenta, la salivazione torna normale. Mi ricompongo, respiro. Tutto d’un pezzo me ne vado tra occhi sbalorditi. Mi chiedo cosa vogliono da me. Loro mica lo sanno che è l’ultima volta, mica lo sanno che ci vuole tempo per ritrovare un milione di piccoli pezzi.
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Foto in copertina: particolare del libro Tea “In un milione di piccoli pezzi” di James Frey