Il gatto saltò sul tavolo sporco della cucina a cercare cibo tra le lattine vuote di Coca-Cola e i mozziconi di sigarette.
Elena Delfina Garro lo lasciò fare: ormai, il suo misero appartamento era stato invaso da una colonia felina che era diventata la sua unica compagnia.
Sembravano passati anni luce da quando aveva sposato Octavio Paz, nel 1937, l’anno del matrimonio, lo aveva accompagnato al Secondo Congresso internazionale degli scrittori antifascisti “para la defensa de la cultura”.
In quell’occasione aveva incontrato Malraux, Neruda, Machado, tutta l’intellighenzia marxista dell’epoca che, però, non l’aveva impressionata granché.
Elena aveva trovato incomprensibile “l’enigmatico linguaggio marxista”, quasi “un idioma cifrato” per iniziati dal quale si era sentita esclusa.
Con la curiosità dei suoi ventidue anni aveva colto le invidie e le rivalità all’interno del gruppo e, molti anni dopo, scrivendone in Memorias de España 1937, non aveva fatto sconti a nessuno.
Il matrimonio con Paz, malgrado la nascita della figlia Helenita, non aveva funzionato: Elena aveva rifiutato il ruolo di vestale adorante del grande scrittore, e questo per Octavio era stato insopportabile.
Scrittrice di racconti affollati di spettri e sospesi tra sogno e realtà, Elena aveva bruciato la sua prima opera letteraria perché sapeva che se l’avesse pubblicata avrebbe perso Octavio.
Il divorzio era arrivato nel 1959 e, all’interno della comunità letteraria, nessuno glielo aveva perdonato. Da allora la fama di inaffidabile, squilibrata, una loca insomma, creata dai sodali del marito l’aveva inseguita per anni, ma adesso tutto questo non aveva più importanza.
Octavio si era risposato con una donna devota, disposta a vivere all’ombra del grande poeta mentre lei, dopo un lunghissimo “esilio” autoinflitto trascorso tra Stati Uniti, Francia e Spagna, era tornata in Messico, a Cuernavaca, a nutrirsi di caffè, sigarette e Coca-Cola.
Quella mattina, rovistando tra le carte, aveva trovato una vecchia foto dove ballava con García Marquez: molti anni prima Elena aveva rifiutato di farsi censire tra i protagonisti del realismo magico, mentre lui ne era stato incoronato rappresentante supremo.
“Vorrei non avere memoria o trasformarmi nella pietosa polvere per sfuggire alla condanna di guardarmi”, pensò, mentre la foto bruciava lentamente nel posacenere.
Bibliografia:
Elena Garro, Memorie di Spagna 1937, Editoriale Jouvence.
Elena Garro, I ricordi dell’avvenire, Sur.