Roma, via Perugino numero quattro. È quasi notte quando Libero de Libero esce dal portone, sale in macchina e si dirige verso sud.
Poco meno di due ore e sarà arrivato in tempo per la sua passeggiata notturna.
Sono mesi che non torna a Fondi, gli manca tutto della sua città, quell’aria, quel cielo.
Quando sta per arrivare alla svolta per la via Appia, dopo la stazione, i battiti del cuore quasi s’arrestano.
Gli piace quando in giro non c’è più nessuno e il paese è deserto. Fondi senza i fondani è un’altra cosa. Non che siano cattivi, ma a parte qualche dispetto che qualcuno gli ha fatto, è che lui pensa che i fondani non capiscano veramente quello che lui scrive su Fondi, e anche su tutto il resto.
Lui ama il suo paese, ma lo ama di nascosto, quando tutti dormono: allora può girare indisturbato per le strade, nelle piazze, a respirare quell’aria che a Roma, sul suo terrazzo che pure è al settimo piano, non riesce ad arrivare.
Per strada solo il rumore dei suoi passi e il chiocchiolio di qualche fontana: le chiese antiche, la Collegiata, tutto gli appartiene, come lui appartiene a questa terra ciociara sospesa tra gli Appennini e il mare di Ulisse.
Tra poco sarà l’alba, meglio rimettersi in viaggio per Roma prima che il paese si risvegli.
Nel tratto della via Appia, e poi sulla strada della stazione, il cuore rallenta di nuovo: è qui che incomincia la sua storia, è qui che finisce quando lui riparte.
Bibliografia:
Libero de Libero, Poesie, Mondadori;
Libero de Libero, Eclisse, Edizioni della Cometa.