Anthony Caruana sembra un metronomo, cosa che nel suo caso non stupisce visto che si tratta di un musicista: con una puntualità ormai definita ogni anno pubblica un romanzo. L’abbiamo incontrato su queste pagine nel maggio di un anno fa e lo ritroviamo oggi con un nuovo libro in uscita, L’abito della festa (Bertoni 2023), intanto suona a livello professionale e insegna, dirige la collana di narrativa italiana Schegge della sua casa editrice dove scova nuovi autori, spesso esordienti. Ma non gli basta, ha anche scritto con Gino Saladini un testo di teatro canzone che è diventato un libro, con la prefazione di Mogol, che ruota intorno alle canzoni di Lucio Battisti, Emozioni e parole.
Questo nuovo romanzo lo porta a esplorare un momento difficile, forse il più difficile che possa toccare (e che tocca sempre) a un essere umano, quando si tratta di accompagnare una persona cara nel suo ultimo viaggio. Sceglie di farlo avvicinandosi a Rosa, che si prende cura dei defunti e cerca di fare i conti con le esperienze della propria vita. Una storia apparentemente semplice, ma profonda e in molti passaggi toccante. Vediamo allora come ce la racconta lui.
Il libro racconta un momento particolare, quello che tutti quanti prima o poi ci troviamo a vivere, quando qualcuno passa dalla vita alla morte, come è nata questa idea?
È nata da un dialogo tra me e il mio editore, Jean Luc Bertoni. Ci siano confrontati sulla tematica che avrei voluto affrontare nel nuovo romanzo e siamo stati entrambi d’accordo di parlare di un qualcosa che coinvolgesse in maniera intima ciascuno di noi, ma di farlo con leggerezza narrativa e intensità introspettiva.
La narrazione è divisa nei giorni di una settimana ed è accompagnata dai versetti della Genesi, perché questa scelta?
Ho voluto creare un simbolismo che legasse in maniera circolare la narrazione. Gli elementi del Creato, suddivisi così come compaiono nella prime pagine della Bibbia, rappresentano dei sotto-temi significativi che si sviluppano nei singoli capitoli. Un percorso spirituale ma anche molto terreno in cui ci si può, in qualche modo, identificare e specchiare.
Chi è Rosa?
Rosa è una donna forte ma anche fragile. È stata ferita. Il suo è un percorso d’espiazione. La sua colpa, presunta o meno, si trasforma in un percorso di redenzione in cui la donna, prendendosi cura degli altri, attraversa diversi stati di crescita personale, in un’ascesa di consapevolezza.
Hai scritto questo romanzo per accompagnare qualche persona cara nell’ultimo viaggio?
In realtà, no. Almeno non nello specifico. Tante persone a me care non ci sono più, ma è rassicurante e consolatorio tenerle vive nei ricordi.
In questo periodo ci sono diverse storie con protagonisti nel limbo tra la vita e la morte, storie realistiche cioè narrazioni di persone che si occupano dei defunti o fantastiche di morti e vivi che comunicano in qualche modo tra loro, secondo te c’è un motivo?
Credo che ultimamente – forse anche a causa del Covid-19, del lockdown, della paura e dell’isolamento coatto – le persone sentano maggiormente il bisogno di rallentare e di soffermarsi a ragionare su cose più profonde e importanti. Ho notato, inoltre, anche se in senso lato, un ritorno a una esigenza di ricerca spirituale. Lincoln nel Bardo di George Saunders, per citare un romanzo sul tema, ad esempio, mi ha particolarmente colpito.
Dove sei tu in questo libro, quali sono i tuoi pensieri più veri nel testo?
Inconsapevolmente, credo di avere scritto alcune parti del romanzo in stato di trance, o qualcosa di molto simile; perché, rileggendo alcuni passaggi, ho faticato a ricordare il momento esatto in cui li ho scritti. Credo che siano proprio questi passaggi che abbiano lasciato, inconsciamente, delle tracce di me nel testo.
Dici nei ringraziamenti una frase che mi pare molto significativa: “Ringrazio la mia famiglia e i miei amici più cari che mi permettono di avere uno sguardo amorevole sul mondo”…
Credo che le relazioni autentiche, qualsiasi esse siano, rappresentino il vero significato della vita. All you need is love, cantavano i Beatles… probabilmente è così.
Anche in questo caso hai accompagnato la tua storia con elementi oltre il testo, fotografie, giochi grafici, ecc. La narrativa pura non ti basta?
Credo sia frutto della contemporaneità, del mondo in cui viviamo. In questo caso, l’uso dei contenuti multimediali compaiono in forma minore rispetto al mio romanzo precedente “Sul filo del coraggio”, eppure, in alcuni passaggi, ho sentito anche qui la necessità d’inserirli.
Componi anche delle musiche per i tuoi romanzi, come nascono? Sono come le colonne sonore di un film oppure la composizione è differente?
In questo caso specifico, l’ho pensata proprio come una colonna sonora da film. Un tema minimale su movimenti armonici che modulano in maniera naturale. Ho scelto di utilizzare il pianoforte come unico strumento per ricreare un suono pieno, rarefatto e malinconico allo stesso tempo.
Quale arte, tra le due che pratichi con passione e cioè musica e letteratura, ti pare più adeguata per avvicinarti al tema del passaggio tra la vita e la morte?
In questo periodo della mia vita, considero questi due aspetti artistici come un tutt’uno che si fonde con il mio modo di essere e di percepire il mondo. Poi succede qualcosa di astratto che difficilmente riuscirei a spiegare.