Conosco Patrizia Pieri da alcuni anni, è una fotografa che lavora e vive a Roma e ha pubblicato diversi libri fotografici. Però divide la sua creatività tra la fotografia e la scrittura narrativa. Da poco è arrivata in libreria con un nuovo romanzo a distanza di tre anni dal precedente, Mi chiamo Yuri (Ensemble 2020), che è stato anche tradotto e pubblicato negli Stati Uniti. La nuova opera mi sembra che coniughi abilmente la narrazione esistenziale, a tratti con aperture sentimentali, l’affresco di vita quotidiana in una città suggestiva e difficile come Roma, ma anche la denuncia sociale della corruzione e del malaffare. Fenomeni che proprio a Roma sembrano attecchire facilmente, non solo nelle grandi storie che conosciamo tutti perché sono finite al centro della cronaca nera e politica, ma anche talvolta nelle vicende personali, minime, di donne e uomini che somigliano a ognuno di noi lettori. Il romanzo s’intitola Le coincidenze (Ensemble 2023) e una delle qualità migliori che credo di aver riconosciuto nel testo è quella di riuscire a narrare la realtà senza trasformarsi mai in un pamphlet ma anche senza accettare che tutto possa andare avanti nello stesso modo, senza tentare di alzare almeno un sommesso ma fermo messaggio di denuncia. Così vale la pena rivolgerle qualche domanda.
Le coincidenze è un romanzo che sembra far convivere avvenimenti quotidiani dai risvolti intimi, direi anche sentimentali, con una storia di malaffare. Come sei riuscita a tenere tutto insieme?
Se avessi parlato solo del malaffare, che imperversa nella capitale come una consuetudine ormai assodata, sarebbe stato un reportage, il racconto di una cronaca, quindi un racconto senza emozioni. Inserendo la vita vera che si svolge intorno a un vicolo, un baretto, dentro un rione, ho cercato di ammorbidire la linea “politico-sociale” della vicenda.
Roma sembra il luogo perfetto dove ambientare la vicenda, secondo te sarebbe stata molto diversa in un’altra città?
Sicuramente il malaffare esiste in tutta la Nazione, ma le dinamiche che lo favoriscono sono diverse, in un comune siciliano sono dettate da costumi e usanze che in una città del nord sono diventate diverse, per quanto riguarda Roma oso dire che è una realtà a sé, nella capitale si mescolano realtà diverse e comportamenti mafiosi adeguati al costume e il contesto dove si trova l’oggetto da carpire.
Quanto c’è di vero in questa storia? Dici all’inizio che hai tratto ispirazione da fatti realmente accaduti.
La storia di sopruso e malaffare che racconto è realmente accaduta. È una delle tante storie che esistono a Roma, in questo caso a Trastevere. Sono veri anche i personaggi, benché in certi casi le caratteristiche siano state accentuate, o addolcite.
È una narrazione che porta al suo interno anche frammenti della tua vita personale?
Certamente: in tutto ciò che scrivo c’è qualcosa della mia vita, ho scelto di scrivere storie vere quindi per raccontarle le devo conoscere molto bene, alcune sono storie che si sono svolte vicino a me che ho approfondito per meglio narrarle.
Se fossi uno dei personaggi a chi somiglieresti? In chi ti sei immedesimata? Claudia, una delle sue amiche, Maria? O magari Claudio, il magistrato?
A chi mi ha chiesto con ansia dove io sia ho risposto che “sono spalmata” dappertutto: sono Claudia quando si parla di libri, perché amo i libri e sono una lettrice forte, sono Maria quando si parla della vicenda legata al malaffare ma non sono Maria quando racconto la sua vita: è una persona che conosco e che mi ha permesso di raccontare di lei… le amiche, tutte, sono citate con i loro nomi veri e mi hanno permesso di narrare il nostro stare insieme. Per i personaggi maschili mi sono ispirata a uomini che ho conosciuto, che conosco e che mi piacerebbe conoscere: il magistrato racchiude il mio ideale di uomo.
La protagonista, Claudia, vorrebbe scrivere un saggio “sulla lingua dell’innamorato”, è un progetto reale anche per te?
L’amore è un tema a me molto caro. Mi piacerebbe scrivere sul discorso amoroso, sulla potenza delle parole d’amore, e farlo attraverso uno studio delle parole estratte da poesie, canzoni, citazioni e quanto altro esiste, senza risultare troppo “sdolcinata”, stucchevole, e questa, per me, è un’impresa molto difficile.
L’incontro tra Claudia e Claudio è la prima delle coincidenze che percorrono la storia, i numeri delle loro date di nascita sono gli stessi, anche se scambiati, ordinano lo stesso piatto al ristorante. Credi davvero nella forza delle coincidenze?
Si io credo molto nelle coincidenze. Per esperienza personale e per averlo constatato nelle esperienze degli altri.
Nel romanzo hanno una grande importanza la letteratura, i libri, l’arte, pensi che i tuoi protagonisti siano esseri speciali, un po’ fuori dal mondo, oppure trovi spesso persone così?
I protagonisti del mio romanzo esistono, le persone che amano la letteratura e l’arte sono tante, forse un pochino fuori dal “normale stile di vita“ dei più, e sicuramente sono fuori dal mondo del malaffare e del profitto ad ogni costo.
A un certo punto nel testo si dice che è necessario trovare un giusto equilibrio tra verità e menzogna. Il libro contiene in effetti proprio una definizione di verità e una di impostore. È un romanzo sulla verità? E alla fine bisogna davvero trovare un equilibrio o credere solo in ciò che è vero?
La ricerca della verità è una costante nei miei scritti. Penso di vivere in un mondo dominato dalla menzogna, dalle false informazioni, da notizie riportate male con lo scopo di creare confusione; trovare un equilibrio è necessario, poi a volte bisogna anche accettare una verità nascosta per il quieto vivere, per non esporsi troppo rischiando. Per esempio in questo romanzo non ho potuto dire alcune cose fondamentali per non andare incontro a ritorsioni. Ma spero di aver fatto capire bene, anche omettendo dettagli fondamentali, il concetto di truffa, sopruso, raggiro, il comportamento mafioso all’interno di una comunità.
Alla fine possiamo dire che è anche un romanzo “politico”, un grido sommesso contro la corruzione, narrato con le vicende di persone comuni che cercano di rimanere pulite e il meno “ferite possibile”?
L’intenzione della mia narrazione è quella di dar voce a chi voce non ha. Racconto una realtà romanzandola per renderla comprensibile a chiunque, è una scelta anche politica, credo che i romanzi siano più incisivi dei saggi, e se sono riuscita a lasciare nel lettore un senso di turbamento, di inquietudine… insomma un’emozione che lo induca a riflettere e a ripensare le proprie convinzioni, ho contribuito un po’ a migliorare questo mondo.