Spotorno, 6 giugno 1955
Caro Giudici,
ricevo ora la sua lettera, commovente. Come si vede che lei è giovane, per dire delle cose così grosse! ma sento che sono anche sincere e la ringrazio.
Non s’aspetti da me un giudizio motivato sulla sua poesia; in fatto di critica, io sono un “innocente”. Ho letto (e riletto già una volta) il suo libro e le basti sapere che mi è piaciuto.
Lei salpa; io sono da molto (troppo) tempo entrato in porto. Dal 40 non leggo più (quasi) che i libri che traduco. Sono fuori di tutto; ed anche le notizie che mi interessano mi arrivano – e per caso – con giorni di ritardo. Come svago, qualche “punta” qui nei dintorni, nei paesini della mia – nostra – cara Liguria: e, come saprà, il mio hobby (in questo momento, non so se si scriva così) per i licheni che riempie tante ore vuote e che perciò benedico.
Le rinnovo i miei auguri ed i miei ringraziamenti. (Ma se ha ancora occasione di scrivermi, non mi tratti di “illustre poeta”, che è come un pugno negli occhi).
Suo riconoscente
CSbarbaro
(lettera di Camillo Sbarbaro a Giovanni Giudici)
Bibliografia:
Camillo Sbarbaro, L’opera in versi e in prosa, Garzanti;
Giovanni Giudici, La vita in versi, Mondadori.