I romanzi che funzionano

I romanzi che funzionano hanno di solito tre cose: un protagonista forte a cui ci si affeziona, un movimento narrativo che lo cambia nel tempo, un finale memorabile.
I romanzi che funzionano hanno di solito tre cose: un protagonista forte a cui ci si affeziona (anche per le sue debolezze, non solo per le sue virtù e per il suo fascino), un movimento narrativo che lo cambia nel tempo, un finale memorabile. Che riassume il cambiamento.
 
I romanzi non finiscono quando lo decide l’autore, quando l’autore scrive la parola fine, finiscono davvero solo dopo la lettura di qualcuno, cioè non esiste creazione letteraria che possa prescindere del tutto dal momento della lettura, dalla figura del lettore. Questa cosa credo che l’abbia detta Umberto Eco da qualche parte in modo più preciso e sintetico. Che conclusioni possiamo trarne? Che lo scrittore non può fregarsene completamente di chi lo legge e di chi lo critica. Dalla figura del lettore. E del critico. O meglio lo può anche fare, ma deve avere delle motivazioni artistiche letterarie formidabili. In tutti gli altri casi, all’autore conviene immaginare in qualche modo, anche solo statistico, ipotetico, il suo lettore (dove vive, che fa, che mangia, che pensa, quali i gusti quali le idiosincrasie…) per poi confermarle o rinnegarle. Il che significa continuare ad avere presa sulla realtà, semplicemente.
 
Parlare coi propri personaggi principali, può essere utile a capire le loro motivazioni, i loro desideri più nascosti, le loro (vere) debolezze. Tu però non essere troppo aggressivo e inquisitorio nelle domande, crea una confidenza con l’intervistato, come fa il bravo giornalista quando intervista qualcuno, o il bravo analista col paziente, cioè creando empatia, fallo sbottonare amabilmente, senza che lui se ne accorga, arruffianatelo un po’, versagli da bere… Però mi raccomando a casa non farti sentire, sennò magari pensano male… Ah, un’altra cosa. Ricordati di intervistare anche gli antagonisti, che sono antipatici per definizione, non vogliono mai sbottonarsi, ma anche loro hanno sempre qualcosa da nascondere, che ti si può rivelare nel corso della conversazione, hai visto mai! Anche a loro versagli da bere e fallo parlare del protagonista, del rapporto che li lega.
 
Esercizio:
Intervista un tuo personaggio in un paio di cartelle. Chiedigli se si trova a sui agio nella storia che hai creato attorno a lui. Chiedigli se vorrebbe evadere in un’altra storia. Chiedigli quale è la sua paura più grande e il suo più grande desiderio. Chiedigli quale genere narrativo gli è più congeniale.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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