Con gli occhi chiusi e steso al sole delle Dolomiti, Alberto Pincherle, diciassette anni, pensava a come la sua monotona vita da malato fosse cambiata da un giorno all’altro.
Aveva solo dodici anni quando gli era stata diagnosticata una coxite tubercolare che lo aveva costretto a letto per lunghi periodi. La casa romana di via Donizetti era diventata una prigione, dove il ragazzo, bloccato da un’ingessatura che si estendeva dal torace al piede, trascorreva lunghe giornate tutte uguali che oscillavano tra la noia e il dolore.
Era stata la zia Amelia a trovare una via d’uscita da quella situazione insostenibile, convincendo i suoi genitori ad affidarlo alle cure del Professor Putti nella sua clinica sulle Dolomiti.
Il viaggio da Roma a Cortina d’Ampezzo era stato un calvario: a causa del gesso che lo opprimeva, impedendogli perfino di sollevare il busto, avevano dovuto infilarlo dal finestrino per farlo salire sul treno. Dopo questa umiliazione e un viaggio che gli era parso lunghissimo, l’Istituto Elioterapico Codivilla gli era apparso quasi come un castello maestoso, ornato di terrazze e vetrate che sfolgoravano al sole.
Il ragazzo deperito, pallido e sofferente, era stato subito liberato dalla sua armatura di gesso e, il giorno dopo, appena sveglio, era arrivata la colazione a base di caffè, pane e burro. Un’infermiera gli aveva tirato via le coperte e con tutto il letto lo aveva trascinato fuori, sulla terrazza esposta a sud, proprio nel momento in cui il primo raggio di sole spuntava dietro le cime del monte Sorapis.
Alberto si era ritrovato nudo, esposto all’aria, con solo un pannolino a coprire le parti intime e un paio di occhiali scuri per proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti.
Alle undici il sole era diventato troppo forte e l’infermiera lo aveva riportato nella stanza che, dopo tanta luce e calore, gli era sembrata quasi buia. Sdraiato sul letto Alberto aveva toccato con cautela la gamba sinistra: la pelle era ancora calda, e il dolore continuo che avvertiva da sempre sembrava quasi attenuato.
Un sorriso incerto solcò il volto del ragazzo. Stasera devo scrivere a zia Amelia, pensò, prima di scivolare nel sonno.
Bibliografia
Alberto Moravia, La noia, Bompiani;
Alberto Moravia, Il vassoio davanti alla porta, Bompiani.