Ernest, Gertrude e la generazione perduta

Hemingway lasciò la casa di Gertrude Stein che erano quasi le otto, l’ora in cui i camerieri dei bistrot sulla Rue de Fleurus accendevano i lumi e sistemavano i tavolini per la sera.

Hemingway lasciò la casa di Gertrude Stein che erano quasi le otto, l’ora in cui i camerieri dei bistrot sulla Rue de Fleurus accendevano i lumi e sistemavano i tavolini per la sera.

Il pomeriggio trascorso a casa di Miss Stein, dove aveva avuto il privilegio di essere ammesso, aveva preso una strana piega.

Gertrude gli stava raccontando una scena vista presso un garage dove aveva mandato a riparare la sua Ford Model T; il figlio del proprietario, un ragazzo dall’atteggiamento apatico, aveva fatto un pessimo lavoro e il meccanico, per rimproverarlo, gli aveva detto: “Voi giovani siete tutti una generazione perduta!”

Poi Miss Stein aveva fissato Ernest lungamente e gli aveva detto:

– Ecco che cosa siete. Ecco che cosa siete tutti quanti… Tutti voi giovani che avete fatto la guerra. Siete una generazione perduta.

Un po’ sorpreso, Hemingway aveva risposto:

– Davvero?

– Sì, – aveva insistito lei, – non avete rispetto per niente, vi uccidete a forza di bere…

– Quel giovane meccanico era ubriaco?

– Certo che no

– E me, mi ha mai visto ubriaco?

– Ma i suoi amici si ubriacano!

– Anch’io mi sono ubriacato, ma non vengo qui ubriaco

– Certo che no. Non ho mai detto questo.

– Il patron di quel ragazzo probabilmente era già ubriaco alle undici di mattina, ecco perché trova delle frasi così belle.

A quel punto Miss Stein si era spazientita:

– Non discuta con me, Hemingway, non serve proprio a niente. Siete tutti una generazione perduta, esattamente come ha detto il gestore del garage!

Dopo questo scambio di battute Hemingway aveva deciso di andarsene, e ora tornava verso casa assorto nei suoi pensieri.

In fin dei conti Miss Stein non aveva tutti i torti: la Grande Guerra aveva visto morire migliaia di giovani, e quelli che non erano morti erano tornati a casa mentalmente o fisicamente menomati, disillusi e senza credere più a niente.

Montparnasse cominciava a riempirsi di gente, di rumori e risate, Hemingway accelerò il passo: voleva tornare a casa, voleva bere per non pensare alle parole di Miss Stein, alla Parigi di quand’era molto povero e molto felice, alla parabola maldestra della sua generazione.

 

Bibliografia:

Ernest Hemingway, Addio alle armi, Mondadori

Ernest Hemingway, Festa mobile, Mondadori

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