A Daniela Cicchetta piace mettere in relazione idee, persone, oggetti, parole in modo da far risaltare la bellezza o il conflitto che ne scaturisce, con un tocco lieve che sembra sfiorare la materia mentre le dà la forma che preferisce. Organizzatrice di eventi, animatrice di concept store come il suo Déjà vu, presentatrice di autori in librerie indipendenti come “I trapezisti” di Roma, scrittrice e – come se non bastasse – anche autrice e speaker radiofonica, è alla sua seconda prova narrativa (dopo il romanzo Matelda cammina lieve sull’acqua, Miraggi 2017). Ha da poco pubblicato una raccolta di racconti, Doppio legame (Fabiano&Castaldo 2020), che già dal titolo fanno riferimento a formule scientifiche. E per unire narrativa e scienza ha usato un collante universale sorprendente, l’eros. Valeva la pena farci una chiacchierata, no?
Come t’è venuto in mente di mettere insieme scienza e letteratura?
Una sfida, non sono mai stata brava con le materie scientifiche ma alcune ricerche affermano che le formule definite belle dagli studiosi attivano la stessa area cerebrale delle esperienze estetiche emotivamente coinvolgenti. Bene, mi sono detta, mettiamoci alla prova! Da quel momento in poi, associare storie di relazioni interpersonali a formule, pustulati o teorie, è diventata una mania. Ho cercato notizie particolari, tipo l’incremento della vendita dei male sex doll rispetto alle female, il sistema di comparazione delle affinità emozionali e sessuali basate sul dna, la teoria dei multiversi spiegata con i déjà vu, per la geometria, invece, ho immaginato voci che corrono parallele come le rette, e ho raccordato al postulato di Lavoisier l’indolenza maschile.
E come hai pensato di inserire in questo connubio già complicato pure l’eros?
A parte che l’eros è come il nero, sta bene con tutto, e poi mi ha naturalizzato la stesura, diciamo che è stato la chiave per comprendere la scienza. Lo so che può sembrare strano, ma io trovo che ci sia eros in qualsiasi cosa ci interessi fortemente e poi cosa c’è di più chimico? L’origine della raccolta è nel racconto Tutta colpa di Dirac, avevo casualmente scoperto che, non si sa se sia leggenda o realtà, esisteva una Pisa nella Grecia antica e sembrerebbe che i Pelasgi, di ritorno dalla guerra di Troia, si fossero fermati in Toscana e per fondare la Pisa italiana. Ho immaginato allora l’incontro in un buco spazio temporale tra un professore di Fisica della Normale e una giovane donna della Pisa del medioevo ellenico. Hanno fatto sesso loro, giuro, io battevo solo sui tasti sotto dettatura, gli è venuto naturale comunicare con il corpo. Si sono divertiti, e anche io. Poi ho deciso di scrivere gli altri.
C’è qualche antecedente letterario che ti ha guidato?
Non particolarmente, c’è il mio interesse per la fisica quantistica, quello per i molteplici aspetti psicologici di persone e situazioni, l’amore per la scrittura e anche la naturale propensione a subire la fascinazione dell’Eros. Credo che le persone siano profondamente se stesse solo nell’espressione della sessualità, voglio arrivare a dire all’apice del piacere, che fa cadere maschere e preconcetti, restituendo a ognuno la vera identità.
Mi sono sempre nutrita di letteratura erotica e anche pornografica, per carpirne la sottile differenza. Credo però, che le mie storie potrebbero reggere anche togliendo tutto l’eros, ma mi sarei divertita di meno io a scriverle e gli altri a leggerle.
Comunque un paio di anni fa, proprio mentre ci stavo lavorando, mi capitò tra le mani un libro che ho amato, dove c’era scritto: “dopo l’amore libero, dovrebbe essere giunto il momento dell’amore liberato, ma la gente è ancora prigioniera, per quello che ho capito io”, c’era anche un forte parallelismo con la matematica per la ricerca della formula dell’amore e della passione, e una musica fatta di numeri. Non so se lo hai letto, parla di uno che dice di essere Kurt. Capii di essere sulla strada giusta.
Quando hai scritto le storie che hai raccontato sei partita dalle formule scientifiche o dai racconti?
Dalle formule! E’ stato divertente cercare narrazioni che potessero spiegarle con i rapporti interpersonali, la sfida con me è iniziata li. Cercavo teorie, postulati o formule e poi curiosavo le notizie particolari, volevo i miei racconti si proiettassero in avanti, verso nuove ipotesi o nuove ricerche, volevo anche che contrastassero gli stereotipi, alcune volte li ho rovesciati, come per azzerarli.
non hai mai avuto la sensazione che stessi forzando il racconto dove volevi tu per adeguarlo alla formula scientifica?
La costruzione di ogni racconto iniziava proprio con una leggera forzatura mentre cercavo qualcosa nella formula che avesse attinenza con i comportamenti all’interno di una relazione. Faccio l’esempio con quello sul Postulato di Lavoisier: per Nulla si crea, se ho immaginato una storia tra due ragazzi che non sfocia in una relazione ma finisce per la partenza improvvisa di lui, per Nulla si distrugge, ma la stessa coppia si ritrova per caso dopo una trentina d’anni, ormai adulti, ognuno con il suo percorso, e per Tutto si trasforma, già non ve lo sto qui a dire, ma mette in pratica filosofica e letteraria la sua definizione “La somma dei pesi delle sostanze di partenza o reagenti deve essere uguale alla somma dei pesi delle sostanze che si ottengono o prodotto”. Della serie, quello che fai o come ti comporti, alla fine, sarà uguale a quello che otterrai, ma non è semplice spiegarlo in poche parole, il senso si srotola nel racconto.
Un ruolo decisivo in queste vicende ce l’hanno le donne protagoniste, sono loro a unire più degli uomini eros e scienza?
Solo eros e scienza? Le donne sono il collante del mondo, mi duole ricordartelo. Le mie protagoniste sono eclettiche, vanno fino in fondo, godono o si bevono l’amaro calice e crescono nella storia. Il sesso non ha sesso, e le donne libere sanno esprimere quello che sono, libido compresa. Benedetta fa l’amore con una specie di androide, Claudia paga un gigolò, Valeria sottolinea l’indolenza maschile con una “logica emotiva”, Danae fa sesso in un spazio senza tempo dove può essere sé stessa, scevra da condizionamenti, Guenda usa la voce per sedurre, Margherita si fa in quattro mentre Elisa e Isabella si conoscono meglio nell’incontro con Pier, e Tilda, invece, applica la matematica nei rapporti.
Solo Penelope, in Doppio Legame, il racconto che apre la silloge, vive un rapporto destabilizzato a causa di una comunicazione confusa e confondente, e, devo dire che, proprio grazie alla scienza, ho cominciato a sospettare come molte relazioni potrebbero essere solo bisogni interiori che si compensano, e come gli atomi in chimica, si attirano e si respingono con minore o maggiore forza. Un gioco di ruoli che se diventa patologico ha bisogno di un supporto psicologico, ma che a volte è solo un’altra espressione dell’amore. Fin dove può arrivare il gioco prima di diventare patologia? Dove finisce il carnefice e inizia la vittima? Spesso i confini si sovrappongono abbondantemente. Un argomento che mi sta molto a cuore. Ma non voglio svelare di più.
Cosa provi quando scrivi di sesso in modo esplicito? Sei più stuzzicata o più inibita, devi vincere qualche resistenza?
L’ho sempre sentito naturale. Credo che un autore debba cercare in se tutte le sfumature vitali, e perché mai proprio l’eros dovrebbe inibire? Si può scrivere qualcosa di molto più intimo in una biografia, ad esempio, forse quello mi potrebbe imbarazzare, mettermi a nudo interiormente, ma ci sto lavorando. Il sesso fa parte della nostra vita e, secondo me, è fondamentale come respirare, mangiare, bere, dormire. What else? Ah sì, è necessario anche leggere, e quello lo trovo molto erotico, aprire una relazione con le pagine scritte e lasciarsi sedurre.
Hai scritto racconti e romanzi, ti trovi a tuo agio in entrambe le forme narrative o ne preferisci una?
Io amo i racconti, amo leggerli e scriverli e, se devo essere sincera, quando mi trovo alle prese con un romanzo uso sempre l’espediente della forma breve, le mie storie è come se fossero formate da tanti momenti isolati che però sono collegati. E, per riagganciarmi alla domanda di prima, i racconti sono una botta e via, una passione travolgente che si esaurisce in poche pagine vissute intensamente, e non c’è spazio per tergiversare o prenderla alla larga.
C’è qualcosa di autobiografico in queste vicende, oppure sono tutte ispirate solo dalla speculazione razionale?
Non riesco più a discernere le fonti che alimentano la mia scrittura. Le storie mi arrivano prepotenti, la fantasia e il reale si fondono, e di autobiografico c’è molto, come in tutte le cose che si scrivono. C’è il mio modo di vedere il mondo, persone, situazioni, c’è il mio punto di vista che traspare anche se i personaggi non danno alcun giudizio, ci sono tutte le donne che potenzialmente potrei essere e anche tutti gli uomini, perchè no? E alcuni di loro mi piacciono molto. Sono onesta, metto in evidenza l’indolenza, la fragilità e l’insicurezza del mondo maschile, quella che si nasconde spesso dietro un grosso IO, e c’è un forte punto di vista femminile, lo ammetto, ma è scevro da quegli stereotipi che mi hanno sempre annoiato, infatti ci sono anche uomini meravigliosi, tipo Pier, con il suo pensiero filo orientale e il sesso tantrico.
Per diverso tempo ho scritto erotico usando uno pseudonimo, poi mi sono chiesta perché? E mi sono chiesta anche cosa avrei risposto se mi avessero domandato quanto di autobiografico c’era. Ora lo sai.
Scienza, eros e letteratura, cosa ci salverà?
La scienza, quando inizieremo ad ascoltarla, comprendendo di aver superato il punto di non ritorno e cominciando ad attivarci per entrare in empatia con l’Universo.
La letteratura, che apre le menti e ci fa vivere infinite altre vite e ci ricorda che siamo tutti parte della stessa energia.
L’eros, che nella cultura greca, rappresenta ciò che fa muovere verso qualcosa, un principio divino che spinge verso la bellezza.
In che ordine non lo so.
Però, se proprio non dovessimo riuscire a salvarci, sarebbe bello andarcene facendo l’amore, non è il sogno di tutti?