Stamattina al bar dove faccio colazione ogni mattina, il barista che mi faceva il caffè, un simpatico e sorridente giovanotto con cui qualche volta mi intrattengo, che mi chiede sempre un sacco di cose come se io fossi una specie di oracolo vivente, mi ha chiesto: “Ma quanto ci vuole, dottore, a scrivere un libro, un romanzo? Lei quanto ci mette?” “Difficile sapere in anticipo quanto tempo ci impiegheremo a scrivere il nostro romanzo”, gli ho risposto, soprattutto se non siamo scrittori seriali, commerciali, che scrivono quasi su commissione un certo tipo di storie standardizzate, che hanno un loro target preciso, un loro pubblico di lettori affezionato… per uno scrittore mainstream, per uno scrittore non di genere, è più difficile saperlo, dipende molto dall’ispirazione, dal caso, da quello che ti succede nel frattempo… e poi è davvero utile saperlo?
Comunque il tempo dipende molto dal carattere dello scrittore, credo, se è metodico, organizzato, nella scrittura, oppure no. Io per esempio sono discontinuo, indisciplinato, non riesco a seguire un ritmo costante tipo le famose 10 pagine al giorno di Stephen King, sapete, ne parla nel suo delizioso manualetto On writing; io non sono mai riuscito a disciplinarla, la mia scrittura. Ha sempre deciso lei per me, spesso trovando spazio nei ritagli di tempo. Il branco è venuto su in tre mesi, per altri libri ci sono voluti anni. Detto questo, tuttavia, è giusto darsi un metodo di lavoro, anche io penso come King e Moravia e tanti altri scrittori, che il momento più propizio per dedicarsi alla stesura del romanzo, sia la mattina, a mente fresca, in un luogo comodo, isolato, lontano dalle distrazioni. E che la prima stesura è meglio scriverla di getto, anche questo sostiene King, e ha ragione, cercando di arrivare presto alla fine… per la cura dei particolari e dello stile c’è tempo, questo lo dico io. È prioritario imbastire la trama, creare una struttura, su cui poi aggiungere, lavorare ricamare… Il barista alla fine di questo discorso, mi stava consegnando la colazione – caffè da asporto, e cornetto in busta e salviettini – con il più smagliante dei suoi sorrisi: “Ciao, dotto’, buona colazione!, gli auguri se li famo domani!”.