La Natura sinistra

“Se dovessi scegliere tra il tradire il mio paese e tradire il mio amico, – scrisse Forster – spero di avere il fegato di tradire il mio paese”.

Oggi cari amici solo un appassionato consiglio di acquisto e di lettura. Ma che consiglio! Sentite qua! I racconti di Forster (L’attimo eterno e altri racconti, Garzanti), che riuniscono le raccolte “L’omnibus celeste” (1911), “L’attimo eterno” (1928), “La vita che verrà” (1972): alcuni sono bellissimi, proprio come alcuni suoi celebri romanzi: Maurice, Casa Howard, Passaggio in India, Camera con vista (li avete letti? Avete visto i bei film che ne sono stati tratti di James Ivory e per il solo Passaggio in India di David Lean)?… Se non li conoscete, vi consiglio di farlo prima o poi. Forster non può mancare nella biblioteca di uno scrittore. Ma restiamo sui racconti.

La situazione tipica, prevalente, che si presenta al lettore di queste narrazioni di misure e contenuti diversi, di diversi “generi”, vede un gruppo di inglesi benestanti in vacanza in qualche luogo dell’Italia, in montagna, in collina, in città d’arte, in qualche posto marino al Sud, ecc. i quali si trovano a relazionarsi con gli autoctoni, trattati con superiorità di casta prima che di razza, in un’ampia gamma di sfumature sociali e psicologiche.

Tipico della letteratura inglese di quegli anni, ma in Forster spiccatissimo, quel mettere brutalmente a confronto due razze, due classi sociali, due idee del mondo, due entità diverse e quasi antitetiche, in quell’only connect che è il motto del suo capolavoro Casa Howard e di tutta la sua arte narrativa. C’è anche l’omosessualità fra i temi cari a Forster (come nello splendido romanzo Maurice, che racconta l’amore scandaloso fra due ragazzi del King’s College dell’Università di Cambridge, insinuandosi fra le pieghe della rigida morale vittoriana, che uscì postumo, perché l’autore era preoccupato dallo scandalo che ne sarebbe venuto, e non voleva finire in carcere come era capitato a Wilde una decina di anni prima. Un tema, quello dell’ambiguità sessuale, dell’omosessualità, ecc. presente anche in altri grandi scrittori inglesi – e non solo inglesi – della sua generazione (Oscar Wilde, Isherwood, Virginia Woolf, ecc. ) ma anche francesi (Proust, Gide), tedeschi (i due Mann) ecc. : immaginate, per esempio, un precettore ancora giovane al seguito di qualche signorina ricca e svogliata di una danarosa famiglia inglese, ecco una tipica situazione di questi racconti, che si innamora di un uomo di fatica, di un qualche proletario del luogo, magari di quel facchino che gli porta il bagaglio in albergo, o di un pescatore o qualcuno che ha conosciuto in passato durante un altro viaggio giovanile in Italia, che improvvisamente ritrova diverso, cresciuto, diventato uomo, già disincantato/piegato dalla vita, ma sempre affascinante. Forster com’è noto ebbe un rapporto dinamico e controverso con la propria inclinazione omosessuale, fin dai tempi dell’università: aderì anche al Bloomsbury Group o solo “Bloomsbury”, come lo chiamavano i suoi adepti, fra cui anche Virginia Woolf e l’economista John Maynard Keynes, dove l’omosessualità non era solo tollerata, ma anche vissuta in prima persona e analizzata, e abbondantemente raccontata. “Se dovessi scegliere tra il tradire il mio paese e tradire il mio amico, – scrisse Forster – spero di avere il fegato di tradire il mio paese”.

Se ne scoprono di belle sulla natura umana – sull’amore, sul desiderio, sulle ambizioni tradite, sull’ipocrisia sociale, sul razzismo, sul perbenismo ecc. Ma non c’è solo questo, il grande scrittore inglese non si muove nel solo ambito del realismo, di un realismo etico, spesso screziato di una raffinata ironia d’impronta anglosassone, nel quale è un maestro riconosciuto. Ci sono anche alcuni magistrali racconti fantastici, e persino fantascientifici (nel circolo Bloomsbury lui aderì, fra l’altro, come scrittore di fantascienza) o metafisici, in questa eterogenea raccolta che attraversa tutte le età della vita di Forster: sirene che affiorano nelle grotte marine, viaggi nell’aldilà, oscure forze del male che s’impadroniscono di uomini, animali, intere comunità… La forma-racconto viene esplorata in diverse direzioni e a diverse latitudini: con una scrittura sempre elegante, misurata, spesso poetica nel descrivere per esempio i moti della natura, la sua minacciosa, panica bellezza. Come in “La storia di un panico”, che venne pubblicato in Gran Bretagna nel 1911 suscitando – come temeva l’autore – la reazione negativa della madre che, dopo averlo letto, si dice, svenne e le ci vollero diversi giorni per riprendersi. In questo sensuale, enigmatico e misterioso racconto di iniziazione non solo sessuale, tutto calato dentro la Natura, una natura anche cupa e minacciosa, che narra di una giornata d’estate a Ravello, dove “un medico e una comitiva di inglesi – scrive E. M. Forster – della quale fa parte il timido e introverso giovane Eustace decidono di recarsi a Vallone Fontana Caruso per un picnic. Dopo aver mangiato, mentre il ragazzo intaglia uno zufolo dal legno, viene rimproverato dalla vecchia zia: «Il dio Pan ha lasciato per sempre la sua dimora per colpa di quelli che, come te, non hanno rispetto per i boschi». Quel nome sembra aver innescato una magia… cui segue uno strano ululato” e poi un violento temporale. “Il gruppo scappa ma nel panico generale, nessuno pensa a Eustace che sembra scomparso. Inghiottito dal mistero.” In realtà il ragazzo è insieme a un giovane pastore, Gennarino, che lo inizia all’amore gay, ma il tutto non viene mai dichiarato espressamente, e in tale omissione – che fa pensare a Conrad, a Cuore di tenebra, a quel male che non viene mai nominato – è tutta la misteriosa magia di questo racconto… Assistiamo solo al cambiamento improvviso del ragazzo, nel gruppo dei suoi connazionali, prima introverso, ispido, svogliato, e ora gioioso e vitale, oppure in preda a uno strano lamentoso delirio notturno. Il pastorello risponde laconico: «Eustace, ora, appartiene solo al bosco». Alle prime luci dell’alba la comitiva britannica si ritrova a vegliare il corpo esamine di Gennarino, morto per un incidente. Mentre dal bosco circostante giungono le risate mefistofeliche di Eustace”. Già Eustace è morto, non mi ricordo se per un incidente o per un gesto contro se stesso.

Provate a descrivere anche voi, in un racconto, qualche evento misterioso e inquietante e sinistro della Natura al quale avete assistito, come un temporale estivo nel magistrale racconto di Edward Morgan Forster. Alla prossima.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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