Sacrificio di Andrea Carraro, Castelvecchi

Un padre e una figlia raccontati attraverso la nemesi di Giorgio, direttore editoriale di una casa editrice romana e Carolina, una giovane tossicodipendente

Il romanzo di Andrea Carraro, Sacrificio, edito da Castelvecchi editore, è caratterizzato da un forte spessore introspettivo, che gravita attorno alla dolorosa nemesi di Giorgio, direttore editoriale di una casa editrice romana. 
Nel tentativo di trovare un’assoluzione all’incoerenza del vissuto e di ricomporre il disordine che accompagna la sua vita, Giorgio cerca di restituire valore al difficile rapporto affettivo con la figlia Carolina, eroinomane. Sceglie di condividerne la sofferenza e si carica dello stesso fardello fino al sacrificio di sé, come estremo atto salvifico. 
Il fondamento esistenziale si rivela basilare in tutto il romanzo, nonché la lacerazione fra la sfiducia di Giorgio verso sé stesso e la responsabilità che la paternità impone. Col bisogno di interrogare la propria coscienza sugli errori commessi e di ricostruire sulle rovine una sorta di punto di ripartenza, s’innesca un’osmosi fra passato e presente. 
Emergono fatti che hanno lasciato significative tracce e che rivelano la familiarità di Giorgio con la droga fin dall’adolescenza. Carolina, da piccola, scopre in un cassetto un panetto di hashish, in casa si ascoltano le canzoni dell’idolo del padre, Lou Reed, dalla chiara impronta trasgressiva. Non troppo velatamente, il direttore della comunità di riabilitazione, dalla quale Carolina viene espulsa, gli rimprovera una eccessiva liberalità e accondiscendenza, e di non essersi preoccupato di arginare i comportamenti devianti della figlia, già allo sbando nel suo mondo fluttuante e incerto. Giorgio pare rimasto ancorato all’idea di una relazione filiale amicale e paritetica che il forte legame con la figlia amplifica, e che la mancanza di sponde paradossalmente contribuisce a rendere più distorta e fragile. A tal punto che Giorgio assume su di sé il peso di entrambe le esistenze.
Nella filigrana della trama s’innestano le ossessioni di Giorgio, rifrazioni angosciose del vissuto che affiorano dal flusso testuale nel dialogo allucinato con Caliban, personificazione del Male. Nel grande mistero delle interferenze fra vita reale e immaginata, s’inseriscono anche le numerose visite di Giorgio a un’edicola della Madonna; le suppliche che le rivolge rappresentano l’estremo tentativo di colmare un vuoto che la separazione dalla moglie ancora amata e una tormentata solitudine rendono più doloroso. 
La prosa fluisce limpida anche dove la spirale si concentra sul senso di colpa, punto di non ritorno che reclama la sua vittima senza più compromessi di coscienza. Per un sacrificio che assume un complementare significato di redenzione. 

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