L’estate che non c’è più

Il rumore delle macchine ti dice chiaramente che il clima è cambiato. Senti le ruote schiacciare le pozzanghere. Il telefono squilla ma l’abbraccio del lenzuolo ti invita all’immobilità. Il suono dell’ascensore in lontananza ti dà una piccola scossa perciò allunghi la mano per rispondere. Ci sei quasi, ma qualcosa ti morde. La ritiri e te la guardi. Ti alzi, massaggianadola. Non vedi denti, né buchi. La apri e la chiudi per controllarne la funzionalità. Ti poggi con la fronte contro la finestra. Guardi il vicino del primo piano col cane e con l’ombrello, esce, la mamma del terzo, con le buste della spesa, i capelli spettinati e senza ombrello, entra. Se perdessi l’uso della mano destra a causa del morso avresti difficoltà a fare quello che fanno loro. Non può essere un insetto, il dolore è stato troppo acuto. Un ragno? Ma i ragni forse non mordono. E se fosse un topo? Ma i topi ci arrivano al quarto piano? Il tuo bassotto devi passare a riprenderlo dal tuo ex marito, quindi loro due sono esclusi. E dunque chi ti ha morso? Torni con cautela verso il letto, nell’angolo in cui si trova il comodino, nel punto dove giace il tuo telefono che ha smesso di squillare. Non hai neanche controllato chi ti cercava. E se chi ti ha morso la mano fosse ancora lì? Nascosto sotto il letto? Dal bordo del materasso spuntano i tuoi jeans. Fai un balzo silenzioso e li afferri. Li indossi. Oggi comincia l’autunno e con le ciabattine e la maglietta del pigiama esci di casa. Ti lasci alle spalle il cellulare, il mostro che ti ha morso e l’estate.

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