L’uomo fissò il foglio di carta davanti a sé, ricoperto da una grafia minuta e fitta. La lettera era pronta, una serie di frasi di circostanza quando avrebbe voluto scrivere un semplice “no, grazie, punto”.
Massimo, ma sei sicuro? Il tono ansioso dell’amico preoccupato per la sua salute e il suo portafogli, entrambi malmessi, gli risuonava ancora in testa. Diventerai Professore Ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Firenze, è stato fatto il tuo nome, la cattedra è vacante. E invece no, pensò l’uomo, è stata sgombrata, svuotata, evacuata. Il titolare, Attilio Momigliano, è stato cacciato via dall’Università perché ebreo. Momigliano, l’allievo di Arturo Graf, l’autore di quei saggi così belli su Poliziano, su Leopardi, su Manzoni, espulso per effetto delle nuove disposizioni di Governo, quelle che tutti già chiamano “leggi razziali”.
Massimo, ma sei sicuro? Cosa vuoi fare? Se non lo accetti tu, quel posto lo prenderà qualcun altro. Ecco, sì, un altro, ma non lui. Tutta questa storia aveva il marchio di un’infamia, lui non ne avrebbe fatto parte, in nessun modo, e pazienza per lo stipendio e la carriera.
Chiuse la lettera in una busta, e la poggiò sulla mensola del camino. Dal grande specchio appeso al muro occhieggiava la scacchiera intarsiata, in attesa di un’altra partita.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.