Quella mattina a Beaconsfield tirava un vento fortissimo: mulinelli d’aria fredda vorticavano tra i passanti che, a testa bassa e passo svelto, cercavano di rincasare senza danni.
Gilbert Keith Chesterton camminava controvento, impaziente come gli altri di rientrare, quando una folata più forte delle altre gli fece volare via il cappello che iniziò a danzare, in un vortice di cartacce e foglie secche.
Lo scrittore iniziò allora a correre, nel disperato tentativo di acciuffarlo, ma il vento ormai se ne era impadronito e non lo lasciava andare.
Girato l’angolo Chesterton quasi si scontrò con un collega giornalista che, riconosciutolo, cominciò anche lui a inseguire il cappello che zigzagava nell’aria.
A un tratto, però, il ventaccio sembrò placarsi e il cappello, ormai rotolato sull’asfalto, fu recuperato in extremis prima di finire schiacciato da un autobus in arrivo.
Grazie davvero, ansimò Chesterton mentre allungava una mano verso il collega che gli porgeva il cappello, mentre con l’altra si detergeva la fronte sudata.
Mi spiace che si sia disturbato, continuò, anche perché mia moglie me ne ha appena comprato uno nuovo, e sarà molto dispiaciuta che questo si sia salvato da una fine meritata.
Ma allora, chiese il collega un po’ perplesso, perché vi siete preso la briga di rincorrerlo?
Chesterton rigirò il cappello fra le mani, sembrava quasi che ne accarezzasse la falda ormai stinta e consumata.
È un vecchio amico, replicò, con una specie di sorriso, e volevo essere con lui sino alla fine.
Bibliografia:
Gilbert K. Chesterton, Autobiografia, Lindau;
Gilbert K. Chesterton, Come si scrive un giallo, Sellerio.