Chissà perché se l’era immaginato più alto. Alto e magro, di quei tipi segaligni dai modi un po’ bruschi. Magro, era magro, ma alto no.
Giuseppe Pontiggia, Beppo per gli amici, sedeva intimidito nell’ufficio di Elio Vittorini che, occhiali sul naso e fronte aggrottata, leggeva il manoscritto che il giovane bancario gli aveva inviato mesi addietro, senza nutrire troppe speranze.
La prima telefonata con Vittorini se la ricordava bene: “Ha un romanzo? Me lo mandi pure. Poi tra un po’ mi chiami, io sicuramente non l’avrò letto. Faccia passare un po’ di tempo e mi richiami un’altra volta, tanto non l’avrò letto nemmeno allora. Al che mi chiami una terza volta, io sarò molto irritato dalla sua terza telefonata però a quel punto l’avrò letto. Allora le darò un appuntamento e ne parleremo”.
Lo scrittore siciliano era stato di parola e, dopo quattro mesi, eccoli là, seduti uno di fronte all’altro: l’autore di Conversazioni in Sicilia e Uomini e no esaminava il suo testo pagina per pagina, facendo segni con la penna sui fogli come un maestro elementare durante la correzione dei compiti.
“Via le recensioni dei sentimenti”, disse, e ogni frase era sottolineata da un tratto di penna che cancellava quel che non andava.
“Bene i dialoghi, benissimo quando parli di soldi e di cambiali”.
Vittorini guardò da sopra gli occhiali quel giovanotto corpulento dallo sguardo buono, che ora aveva assunto un’aria preoccupata, forse per le tante giravolte della penna sui suoi fogli.
“Pontiggia, non si preoccupi, il testo è qualcosa di perfettibile, e i suoi racconti possono essere migliorati, lo sa?”
Bibliografia
Giuseppe Pontiggia, Un romanzo breve e sedici racconti, Mondadori;
Giuseppe Pontiggia, La grande sera, Mondadori.