Percezione sensoriale… l’alliestesia

La storia di un bambino introverso e di una nonna un po’ troppo zelante

Ero ospite di due amici per il weekend in un casale fuori Roma, avrò avuto sì e no otto anni. 

Da bambino ero silenzioso e mingherlino, mangiavo poco e non amavo farlo quando ero fuori casa. 

Al pranzo della domenica, a far da oste, c’era la nonna dei miei due amichetti. 

Io avevo fame, la mia fame, ossia poca per una nonna di paese che avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di veder arrotondare le gote di uno scrocchiazeppi come me.

Godei di una pasta al ragù che ancora ricordo dopo trent’anni. Sapida, corposa, aromatica, piacevole e con cottura al dente che già all’epoca mi piaceva tanto. Insomma, un opera d’arte contadina. Sorridevo contento ai miei amichetti. 

Il fatto che me ne bastarono cinque forchettate non andava giù alla nonna. Sosteneva fossi poco nutrito, che non fosse normale fossi già sazio. E insisteva perché io mangiassi. 

Il punto è che io faticavo a dire basta. Lo dicevo con il sorriso ma, tra una spinta di cucchiaio in bocca e un – ti fa bene!, la nonna avrebbe convinto chiunque a mangiare; inoltre io, pur di non far arrabbiare nessuno, dicevo sempre sì.

Nessuno notava la mia difficoltà. La pasta iniziava a diventare un po’ più fredda, un po’ alla volta finiva dentro la mia bocca verso il mio stomaco sazio e la mia agitazione saliva su, cresceva.

Il freddarsi è un dato oggettivo. Era dovuto non da una mia predisposizione emotiva, ma dal fatto che il tempo passava e la pasta era ancora nel piatto. 

Il punto è che ricordo esattamente quando il sapido iniziava a sembrare dolciastro, la cottura misurata e giusta iniziava a dare un retrogusto sgradevole. Ricordo l’imbarazzo e la difficoltà di comunicare alla vecchietta il mio disagio. Un problema, questo del non comunicare, che ancora mi porto dietro e mi ha spesso portato a dover costruire castelli per non riuscire, semplicemente, a dire basta.

Masticavo mentre la nonna ripeteva come un mantra: 

– Dai che è l’ultimo, così cresci, su che non mi piace chi lascia nel piatto il cibo. 

Ogni volta che si distraeva per un istante, levavo un paio di maccheroni dal piatto per mettermeli in tasca, chiudendo gli occhi nella speranza che nessuno se ne accorgesse. La carne ora mi risultava stoppacciosa e insipida in bocca, a tratti acida. 

Poi, non sazia della mia mediocre performance, con la scusa dell’ – è quasi finita, insisteva per l’ennesima volta a ficcarmi in bocca altra pasta. Ricordo la sua mano ruvida e minacciosa accarezzarmi, sostenendo che i bambini magri fossero bambini tristi.

Riuscii ad alzarmi per scappare in bagno con la scusa della pipì. Vomitai tutto. 

Ma non se ne accorse nessuno e a me rimase il sapore acido dei succhi gastrici e solo un lontano ricordo di quella pasta contadina. 

Ora, questa storia drammatica, comica e sensoriale che intreccia sensi ed emozioni è un po’ la rappresentazione dell’alliestesia.

O magari è solo la storia di un bambino introverso e di una nonna un po’ troppo zelante.

L’alliestesia è quindi un fenomeno psicofisiologico che determina la dipendenza tra lo stato interno di un organismo, in continuo mutamento, e il piacere o dispiacere percepito da stimoli esterni. 

Ascoltarsi, percepire il proprio stato interno è la soluzione per superare e comprendere la soggettività degli stimoli esterni percepiti dai nostri sensi.  

 

ESERCIZIETTO

Nella scrittura, se vi diverte, potreste lavorare su un esercizio sfizioso come la pasta della nonna prima della mia agitazione.

Mettete in scena l’assaggio di una pietanza in due momenti diversi, uno in cui il vostro protagonista è ben disposto, una invece dove non lo è. Attenzione alle stimolazioni sensoriali! 

E, se vi va, mandatemela a [email protected].

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Andrea Fassi

Pronipote del fondatore del Palazzo del Freddo, Andrea rappresenta la quinta generazione della famiglia Fassi. Si laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali coltivando l’interesse per la scrittura. Prima di seguire la passione di famiglia, gira il mondo ricoprendo diversi ruoli nel settore della ristorazione ed entrando in contatto con culture lontane. Cresciuto con il gelato nel sangue, ama applicare le sue esperienze di viaggiatore alla produzione di gusti rari e sperimentali che propone durante showcooking e corsi al Palazzo del Freddo. Ritorna al passato dando spazio al valore dell’intuito invece dei rigidi schemi matematici in cui spesso oggi è racchiuso il mondo del gelato. Combina la passione per il laboratorio con il controllo di gestione: è l’unico responsabile del Palazzo del Freddo in qualità di Amministratore Delegato e segue la produzione dei locali esteri in franchising dell’azienda. In costante aggiornamento, ha conseguito il Master del Sole 24 Ore in Food and Beverage Management. La passione per la lettura e la scrittura lo porta alla fondazione della Scuola di scrittura Genius nel 2019 insieme a Paolo Restuccia, Lucia Pappalardo, Luigi Annibaldi e ad altri editor e scrittori. Premiato al concorso “Bukowsky” per il racconto “La macchina del giovane Saleri”, riceve il primo premio al concorso “Esquilino” per il racconto “Osso di Seppia” e due menzioni speciali nei rispettivi concorsi “Premio città di Latina” e “Concorso Mario Berrino”. Il suo racconto “Quando smette di piovere”, dedicato alla compagna, viene scelto tra i migliori racconti al concorso “Michelangelo Buonarroti”. Ogni martedì segue la sua rubrica per la scuola Genius in cui propone racconti brevi, pagine scelte sui sensi e aneddoti dietro le materie prime di tutto il mondo. Per la testata “Il cielo Sopra Esquilino” segue la rubrica “Esquisito” e ha collaborato con il sito web “La cucina italiana” scrivendo di gelato. Docente Genius di scrittura sensoriale, organizza con gli altri insegnanti “Il gusto per le storie”, cena evento di degustazione di gelato in cui le portate si ispirano a libri e film.

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