Supponiamo che nel paese più ricco del mondo, nei magnifici USA, si annunci e, poi avvenga, una grande crisi economica, tale da ridurre la gente alla disperazione, la cui onda d’urto non ha eguali nella storia economica precedente. Supponiamo che, dopo la Crisi, quando le cose iniziano a tornare alla normalità, accada che un Senatore del Texas, seguito da altri politici, e alla fine da quasi tutti i politici, sostenga che la crisi è stata solo una gigantesca manovra manipolatoria messa in atto dalla Nazione concorrente storica dell’America, dalla Cina, aiutata, sicuramente, da tutti gli asiatici che vivono sul suolo americano. Poco importa che anche i cinesi siano tutti americani da generazioni. Non lo sono abbastanza se dimostrano sentimenti antipatriottici, che sia un bisbiglio al vicino, o una critica verso la politica governativa, e se per correggerli non basta la prigione, allora occorre allontanare i bambini da tutte quelle famiglie non abbastanza sodali con il caro Zio Sam. Così per la gioia di tutti i veri patrioti viene approvato un testo, detto PACT, acronimo che sta per “Preserving American Culture and Traditions” che permette di denunciare cittadini asiatici, e non solo, che non si dimostrino abbastanza convinti e persuasi che la Cina e i cinesi (come anche gli altri orientali del resto) siano nemici da stanare, combattere, e isolare. E supponiamo sempre che, a seguito delle norme del PACT, si sviluppi una forma particolarmente odiosa e strisciante di delazione sulle attività antiamericane da far impallidire il maccartismo, e questa forma di delazione spesso conduca all’allontanamento dei figli dai genitori giudicati non abbastanza patriottici.
In questo Paradiso incrinato vive Noah, detto Bird, 12 anni, figlio amato di madre cinese e padre americano, che, dopo 3 anni dalla scomparsa della madre, la poetessa Margaret Miu, i cui libri sono stati ritirati da ogni biblioteca e considerati sovversivi e incitanti all’odio, riceve una lettera senza mittente e capisce che è una lettera della madre. La lettera ha una serie di disegni di gatti di varie dimensioni e probabilmente contiene un messaggio da interpretare per trovarla. Cosa non facile, visto che la madre è considerata una criminale ed è ricercata, e il padre, ex professore universitario e ora impiegato nella biblioteca dell’università dove insegnava, si rifiuta categoricamente di parlare della moglie, chiuso in un silenzio ostinato e cupo. Bird ha un’unica amica, Sadie, una ragazzina ricollocata in una nuova famiglia, perché la madre, una giornalista afroamericana, è stata considerata esercitante una cattiva influenza, da quando ha iniziato a documentare e denunciare i soprusi perpetrati ai danni di persone, i cui figli vengono allontanati. Sadie non ha altro desiderio che ritrovare i genitori ai quali è stata sottratta e per farlo è disposta a girare tutti gli USA. Presto, infatti, scompare anche lei e Bird, cercando tracce della sua amica, si rifugia in biblioteca, un luogo che entrambi amavano, dove la bibliotecaria gli svela che esiste un sistema clandestino di bigliettini, apparentemente messi a caso nei libri, ma che servono a creare reti misteriose di solidarietà al fine di riuscire a dare informazioni ai genitori sui figli perduti. La resistenza inizia dalle parole, in ogni città compaiono installazioni artistiche e scritte con le parole di una poesia di Margaret, la madre di Bird, “Ridateci i nostri cuori perduti”, un lamento doloroso, una scossa, un modo per ricordare i bambini, ingiustamente sottratti a famiglie amorevoli. Non è facile, e spesso, impossibile, recuperare quell’amore distrutto e frantumato. I bambini sottratti a volte sono troppo piccoli, e le informazioni taciute e insabbiate. La violenza è mascherata dalla convinzione che sia meglio per i bambini essere ricollocati in sane famiglie patriottiche piuttosto che essere esposti a influenze negative.
Margaret decide di recuperare, in clandestinità, quante più storie possibile e di trascriverle su una serie di taccuini che nasconde sul corpo, nelle pieghe dei vestiti. I libri vengono mandati al macero e bruciati, ma le parole continuano a vivere, nel desiderio di chi non smette di tradurre in linguaggio il dolore e la solitudine di coloro che hanno perso un figlio o una figlia. Ogni madre e padre narra il distacco come un momento al quale è stato impossibile opporsi, e ognuno spera che il loro bambino o bambina sappia di essere stato amato. Quello che accade è che le parole e le storie sono un modo di opporsi all’oblio e alla morte emotiva, al vuoto terrorizzante del tempo che resta. Bird, senza sapere nulla della vita della madre, si mette alla sua ricerca, sperando e pregando di trovarla, con l’ansia e la paura che il suo aspetto di ragazzino orientale lo renda oggetto di violenze.
Ovviamente questo è solo un romanzo e tutte le cose qui narrate non sono mai accadute. O forse no, invece, sono accadute agli immigrati, ai nativi americani, ai soggetti non anglofoni, a tutti quelli che non si uniformano. Tutto accade e continua ad accadere nel mondo libero che è un Eden già tradito e tormentato dal momento in cui la diversità diventa una colpa.
Gradualmente cominciava a capire il meccanismo dietro alle ricollocazioni. Tu dicevi qualcosa che a qualcuno non piaceva. Tu facevi qualcosa che a qualcuno non piaceva, oppure non facevi qualcosa e questo a qualcuno non piaceva. Magari eri un giornalista e scrivevi un articolo che parlava dei bambini ricollocati, o faceva cenno agli attacchi contro le persone di origine asiatica, o osava criticare la loro demonizzazione. Magari postavi qualcosa sui social media in cui criticavi il PACT, o le autorità, o l’America. Magari venivi promosso e i tuoi colleghi erano invidiosi. Magari non facevi proprio niente. Ed ecco che si presentavano alla tua porta. Abbiamo ricevuto una telefonata, dicevano, senza mai specificare da parte di chi, tirando in ballo la privacy, la sacralità del sistema. Funziona soltanto se le persone hanno la garanzia che nessuno farà il loro nome, dicevano. Ma non vi preoccupate, aggiungeva di solito un agente. Non sarà nulla, alla fine. Solo che noi abbiamo il dovere di controllare.