Ingeborg Bachmann e le notti romane

Ingeborg si rimirò nello specchio ma vide solo il luccichio riflesso del vestito di paillettes color argento nella stanza ormai buia.

Inge si rimirò nello specchio ma vide solo il luccichio riflesso del vestito di paillettes color argento nella stanza ormai buia. Fuori era notte fonda, l’ora più bella per uscire di casa. Per Inge Roma era il luogo dove sentirsi a casa, fatto inusuale per uno spirito inquieto come lei. Nata in Carinzia, aveva vissuto, per studio e per lavoro, in molti luoghi: Innsbruck, Gratz e poi Vienna e Berlino, lavorando come traduttrice e scrivendo drammi radiofonici molto apprezzati. Poi l’Italia: innamorata del mare, andava di frequente all’Isola del Giglio, all’epoca ancora selvaggia e quasi deserta.

Sbarcata a Napoli aveva scelto una bella casa, condivisa con Hans Werner Henze; le sue abitazioni erano sempre confortevoli, anche se non navigava nell’oro.

In seguito, Inge era arrivata a Roma dove si era sistemata in via Bocca di Leone, a due passi da piazza del Popolo, un vero melting pot di scrittori, gente del cinema, intellettuali e socialite.

A Inge piaceva uscire di notte, i vicoli ancora pieni di gente e la luce dei Caffè la sottraevano, anche se per poco, al buco nero della depressione e alle sue ossessioni.

Alla fine di via del Babuino si apriva la piazza, brulicante di voci e luci. Al Canova, seduto in disparte e appoggiato al suo bastone, sedeva Giuseppe Ungaretti, gli occhi azzurri a fessura che scrutavano intorno.

Inge era il suo traduttore in lingua tedesca, e lo aveva scelto tra gli altri poeti per motivi diversi. Come lei, anche Ungaretti era un poeta-traduttore; figlio di immigrati, la prima condizione che si era trovato a vivere era stata quella da straniero e anche lei, nata a Klagenfurt, città di frontiera contesa tra Austriaci e Slavi, si era sentita esposta e estranea. I versi di Ungaretti, la sua ricerca dell’essenziale, dell’immediatezza e della grazia, avevano fatto il resto.

Inge accelerò il passo, voleva sedersi al tavolo del Poeta e parlare con lui di due argomenti che le stavano a cuore in quel momento: il magnifico Racconto d’inverno di Shakespeare, riletto da poco, e la guerra d’Algeria.

Bibliografia

Ingeborg Bachmann, Tre sentieri per il lago, Adelphi;

Ingeborg Bachmann, Non conosco mondo migliore, Guanda.

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