Capitolo 4
In lontananza, i due, si accorsero di un gruppo numeroso di uomini pesce, simili a quello visto dal giovane Saleri poco prima. La compagnia si accaniva contro un loro simile, più gracile rispetto agli altri e privo di un arto. Nuotavano in vortice colpendolo con coralli affilati per finirlo. Fu chiaro a entrambi volessero ucciderlo, ma per i due viaggiatori del tempo risultava meno chiaro il motivo. Reali pensò che forse la debolezza dell’uomo pesce più piccolo fosse la causa dell’accanimento degli altri, ma tenne per sé il dubbio.
Ancora più a ovest, con qualche grado a sud, s’intravedevano le rovine di un luna park deturpato dai secoli e dall’acqua.
I due fluttuavano in un vortice di pensieri, immersi in ragionamenti che l’essere umano odierno non potrebbe cogliere senza trovarsi dinanzi allo spettacolo cui loro assistettero.
Lo sferragliare del vettore al contatto con il fondale su cui i due erano al sicuro, distolse il gruppo di uomini pesce dalla loro preda. Nel blu tutto intorno, murene di dimensioni innaturali roteavano attorno a pompe di benzina abbandonate, mentre pesci minuscoli e cetacei dai gusci colorati nuotavano liberi senza curarsi dello strano oggetto venuto da un altro tempo.
Gli uomini pesce, invece, notarono la macchina triangolare con i due malcapitati a bordo. Senza pensare altro se non attaccarli, forse per difesa o forse per pura aggressività, si diressero verso il mezzo nuotando veloci.
Diverse frecce di corallo scagliate da alcuni uomini pesce con rudimentali fiocine, colpirono l’obiettivo con facilità. Sfortuna volle che il resistente vetro s’incrinò, anche a causa della potente pressione subita a quelle profondità.
L’acqua, impietosa, iniziò a fluire nell’abitacolo.
I due iniziarono a maneggiare con la plancia presi dal panico, trafficarono veloci con la tastiera e la strumentazione. L’acqua aumentava d’intensità, mentre il gruppetto di uomini pesce era ormai a pochi metri con le bocche spalancate e i denti ben in vista. Quegli esseri ricordavano al professor Reali antichi geroglifici di cui lesse in libri non riconosciuti dalla scienza del suo tempo. Il pensiero lo stupì non poco.
Alghe e residui organici iniziarono a fluttuare intorno ai piedi dei due che, spaventati, rinunciarono alla loro proverbiale curiosità e all’unisono tirarono la grande leva al centro della capsula.
Bolle di aria si alzarono veloci, tutto il triangolo iniziò a vibrare con violenza. I due lanciarono un grido che durò pochi istanti prima che un boato sordo scatenò un’onda così potente da allontanare ogni forma di vita intorno alla macchina. La sabbia si alzò scoprendo pavimenti di epoche antiche e viali con Sampietrini ancora ben visibili, tutto si placò in pochi istanti.
All’interno dell’aula magna, nel tempo di un battito di ciglia, il caos generato dall’avvio del macchinario si era acquietato lasciando spazio a una calma irreale. I professori, dallo scranno, aprirono gli occhi e osservarono il mezzo ammaccato con vetri solcati da crepe, vibrare fino a spegnersi.
Il giovane Saleri aprì la portiera, acqua salata, alghe e liquidi melmosi fuoriuscirono sul pavimento in legno impregnandolo di un odore salmastro.
Il professore scese pochi istanti dopo, in silenzio. Nessuno disse nulla. Erano passati pochi istanti nell’aula.
I due uscirono frastornati, svuotati dei loro spiriti e non riuscirono, o forse non vollero, aggiungere altro.
Era tutto nei loro scritti derisi e bollati come ridicoli.
Sullo scranno, uno dei professori notò la tesi del giovane Saleri aperta sull’ultima pagina, l’occhio gli cadde sull’ultima riga scritta in grassetto:
“Il futuro non è poi così diverso dal nostro presente.”
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