“Dove sei, mondo bello” di Sally Rooney (Einaudi)

Alice, Felix, Simon e Eileen discutono, bevono, si abbracciano, litigano e si rinfacciano le reciproche mancanze

Il titolo del terzo romanzo di Sally Rooney è preso in prestito da Schiller, come scrive l’autrice nella prima riga dei ringraziamenti, e per me, da lettrice, è una forma di riflessione sul senso dello scrivere in un mondo impazzito, caotico, privo di punti di riferimento, che offre, a tratti e ad alcuni fortunati, il miracolo dell’amicizia affettuosa, e dell’amore. Diciamo che ho iniziato a leggerlo attraversata da sentimenti contrastanti, amo la prosa asciutta e lineare della Rooney, ma le prime pagine hanno una pesantezza che mi ha vista distaccata, rispetto alle sue precedenti prove narrative. E poi quando l’ho terminato ho riso e pianto con un nodo in gola che si scioglieva, liberatorio. Non vi svelo il finale, dico solo che nella storia ho ritrovato pezzi della mia irresolutezza emotiva, le difficoltà a inserire l’amore in una prospettiva di stabilità educata che mi terrorizzava, l’incomunicabilità e, al contempo, il bisogno degli altri, al punto da offendermi se nessuno accorreva quando avevo bisogno di aiuto.

La protagonista, Alice, somiglia moltissimo all’autrice: è bisessuale, è una scrittrice irlandese diventata di colpo ricca e famosa, e da un suo libro sta per essere tratta una serie tv. Alice non riesce a reggere le aspettative sociali e passa da crisi di panico occasionali a un vero e proprio crollo psichico. Quando si riprende si ritira in una ex canonica nella verde e umida campagna irlandese, incontra un tizio su Tinder e cerca di riallacciare i contatti con i suoi amici Eileen e Simon. Da qui ha inizio il romanzo, con Alice che incontra Felix in un bar e, spinta dalla solitudine, inizia a parlare con lui. Tra loro ci sono affinità e contrasti. Come tra Eileen e Simon, che si cercano da anni senza riuscire a dirselo davvero.

Se infatti, come Eileen rivela a Simon, turbata e confusa, “ci mettessimo insieme e poi non funzionasse, poi ci perderemmo”. I legami forti, al confine tra amicizia e amore, infatti, hanno questo problema: che se la relazione amorosa non funziona anche l’amicizia spesso finisce con l’essere inghiottita dal rancore. Simon poi è molto cattolico e si interroga sul senso del dolore e sul dovere che ogni cattolico devoto si pone: come possiamo vivere bene, nonostante la sofferenza altrui?

Questo è un interrogativo che serpeggia in tutte le lunghe e ricercate mail che si scambiano Alice e Eileen, pur non essendo religiose, sulla dissoluzione dell’umanità, giunta a un paso dall’estinzione, dove i consueti modelli di riferimento, sono stati sostituiti dall’individualismo più sfrenato, rendendoci incapaci di uscire dal cerchio egoistico del nostro ego. Siamo una società di egoriferiti, dove a trent’anni non abbiamo lavori stabili, e nonostante gli studi massacranti dobbiamo accontentarci di lavori occasionali e mal pagati, a volte neanche la stabilità emotiva ci interessa, perché se dobbiamo ancora esplorare il mondo perché fermarci a una sola città?

Alice, Felix, Simon e Eileen discutono, bevono, si abbracciano, litigano e si rinfacciano le reciproche mancanze adolescenziali, riflettono sulle loro depressioni sempre in agguato, si godono il vino, il mare e la luce digradante del tramonto sui campi. In una parola, pure tra mille disfacimenti, vivono.

Li ritroviamo con il feroce lockdown, alle prese con riflessioni su quanto, ormai, la forma di comunicazione virtuale abbia preso il posto della possibilità reale di toccarsi e interagire, al punto che scambiamo le notizie su fb come confidenza personale e ci illudiamo di conoscere le persone (mai viste né sentite) con le quali ci scambiamo like. Eppure, il mondo bello, con tutte le sue contraddizioni rimane una promessa, a volte non mantenuta, ma è nel tentativo di vivere e di amare che ci capitano le cose che rendono la vita non un banale susseguirsi di abitudini.

Ma quando abbiamo demolito ciò che ci imprigionava, cos’avevamo in mente per sostituirlo? Non sto affatto difendendo la monogamia eterosessuale coatta, salvo che se non altro era un modo di fare le cose, un modo di reggere la vita. Adesso cos’abbiamo? In alternativa? Niente. E in più l’odio per chi commette errori supera a tal punto l’amore per chi fa il bene che il modo più facile di vivere è non fare niente, non dire niente, e non amare nessuno.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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