“Jack” di Marilynne Robinson (Einaudi)

La storia di Jack fa riflettere su quanto ci sia di autentico nel seguire regole che rassicurano e non fanno rischiare

Come nei suoi romanzi precedenti, Gilead, Casa e Lila, la Robinson tratteggia figure umane di toccante intensità, fuori dagli schemi. Il tema su cui si incentra tutta la sua produzione narrativa è il rapporto tra l’uomo, Dio, e la grazia. La grazia è un dono che viene dato per capriccio o è piuttosto un premio faticoso da conquistare? E chi ha peccato, e vive una vita distante dai dettami rigidi imposti dalla cristianità, può essere ancora toccato dalla grazia? O la grazia sono le relazioni emotive che ci mettono a nudo, disvelando la nostra fallibilità, ma anche la nostra capacità di pensare a un’altra persona e vivere per essa?

La storia di Jack non fornisce risposte, ma solo forme variegate di riflessioni su quanto ci sia di autentico nelle vite impostate, dedite a seguire regole che rassicurano e non ci fanno rischiare, e quanto invece la follia sia vitale, e, in un certo senso, benedetta.

Jack, abbreviazione di John Ames Boughton, è il figliol prodigo di un pastore, ormai lontano dalla ribellione giovanile, che vive di espedienti, di lavoretti occasionali e di carità. Dopo aver scontato due anni di carcere per furto con destrezza, si ritrova sostanzialmente senza fissa dimora, vittima di furfanti e taglieggiatori. Eppure, il suo spirito non si placa, continua a restare un ribelle. Quando incontra Della, giovane insegnante di colore, le ruba un libro e approfitta della sua ospitalità.

La ritrova alcuni mesi più tardi, quando entrambi rimangono chiusi in un cimitero. Il loro bisogno di confidarsi al riparo dallo sguardo inquisitore del mondo diventa l’equivalente di un rifugio. Dopo quella notte si incontreranno ancora, ma ci metteranno del tempo a riconoscere come amore quella scintilla di consapevolezza che sentono l’uno per l’esistenza dell’altra. Nel Missouri ante apartheid il matrimonio, o anche le semplici frequentazioni tra razze sono vietate. Nel mondo in cui entrambi sono cresciuti, la loro relazione è motivo di scandalo, di una riprovevolezza che vale ad allontanare lei dalla grazia, e lui dalla possibilità di tornare a casa, in Iowa.

Non si possono tenere per mano né cenare in pubblico. Della rischia di perdere il lavoro, la sua istruzione, persino le sue convinzioni religiose. Jack rischia di avere una responsabilità verso un’altra persona, una cosa che nei suoi anni di vagabondaggio, si è sempre rifiutato di fare. In sostanza un sentimento puro mette a rischio la libertà di entrambi.

Sotto gli sguardi furiosi, critici, o, nel migliore dei casi indifferenti, trattati da intoccabili e traditori da bianchi e neri, Jack e Della non smettono, forse ingenuamente, di dare la loro risposta alla possibilità che il mondo possa cambiare, anche pagando tributi molto pesanti.

La conoscenza del bene. Lui poteva ritenersi un ladro che se la svignava con un patrimonio inestimabile di significato e di fiducia, oppure poteva tenere in considerazione il dolce matrimonio che la rendeva una cospiratrice insieme a lui in quell’unione, e la lealtà che li ristorava sempre entrambi, proprio come la grazia.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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