Quando il nemico da battere è il caso

Un incontro che si snoda tra lanci di dadi, scrittura e destino, vite di scrittori e influenze impreviste. Perché il caso gioca un ruolo decisivo nella vita ma pure nei romanzi.

Allora, voglio raccontarvi a modo mio la lectio che Loredana Germani e Paolo Restuccia hanno tenuto alla full-immersion di Montalto Marina, che mi ha particolarmente colpito per la grande naturalezza con cui sono riusciti entrambi a stregare l’attenzione, a commuovere, a divertire, a porre interrogativi, parlando di argomenti culturalmente tosti, tostissimi – la morte, per esempio, la malattia…

Ma andiamo con ordine. Nella prima parte, quella di Paolo, si è parlato del caso da un punto di vista teorico, per così dire, come entra il caso nella creazione del mondo e nella creazione artistica, nella narrazione, dal Big-bang, come si è evoluto, nel tempo, nella filosofia, nelle scienze, nelle religioni, dai miti di formazione dell’antichità, fino a Darwin, a Christopher Vogler. Una lezione di antropologia culturale, di narratologia, ecc. raccontata con leggerezza e ironia, ma con consequenzialità, mi pare, saltando da una disciplina all’altra, che si conclude con la narrazione dei tarocchi e lo storytelling dei dadi (qualche allievo ne ha seguito le indicazioni in un racconto che stava scrivendo). Poi la seconda parte della lectio con Loredana, che ha portato all’attenzione due esempi simmetrici di scrittrici recenti che hanno dovuto fare i conti con il caso; un caso che si manifesta sotto forma della malattia, della Sla, da cui entrambe sono state colpite; due scrittrici italiane che hanno narrato nei loro libri, come è cambiata la loro vita dopo l’avvento della malattia: le due scrittrici sono Cesarina Vighy e Pia Pera. (Di quest’ultima, Pia Pera, ha parlato anche Trevi nel suo libro vincitore dello Strega, Due vite, l’altra vita, l’altro amico rievocato da Trevi nel suo libro, è quella dello scrittore Rocco Carbone).

Entrambe intellettuali, Vighy e Pera, guardano il progressivo deterioramento del corpo senza la consolazione della fede, in modo assolutamente e fieramente laico, e lo raccontano nei loro libri terminali, con humour, con stoicismo, si può essere divertenti pure parlando di morte, della propria morte, e Loredana ce lo mostra attraverso quei libri, ce lo fa rivivere con rara capacità di immedesimazione. Cesarina Vighy, veneziana, muore dopo “L’ultima estate”, libro che arriva in cinquina allo Strega e vince il Campiello Opera prima, che contiene tutte le mail agli amici ai parenti dell’autrice durante la malattia. E Pia Pera, scrittrice raffinata, stimata esperta mondiale di giardini, di orti, di giardinaggio, esperta botanica, sempre in giro per il mondo, invitata di qua e di là, anche lei malata di Sla, che si annuncia con una zoppio notato dal marito con dispetto: Al giardino ancora non l’ho detto, si intitola il suo libro, ch’è un verso di Emily Dickinson. Lei, Pia Pera, muore a sessanta anni. Ecco la poesia:

Al giardino ancora non l’ho detto “Al giardino ancora non l’ho detto – / non ce la farei. / Nemmeno ho la forza adesso / di confessarlo all’ape. / Non ne farò parola per strada – / le vetrine mi guarderebbero fisso – / che una tanto timida – tanto ignara / abbia l’audacia di morire. / Non devono saperlo le colline – / dove ho tanto vagabondato – / né va detto alle foreste amanti – / il giorno che me ne andrò – /e non lo si sussurri a tavola – / né si accenni sbadati, en passant, / che qualcuno oggi / penetrerà dentro l’Ignoto.”

Pia Pera racconta di sé attraverso il suo giardino, che non riesce più a curare, come ha fatto tutta la vita, da quando si è ammalata, ma che ha il privilegio di poterlo seguire da lontano, delegando a qualcuno quel compito, e ha anche dei lati gradevoli quel delegare, ci spiega ironicamente, – e può sempre guardarlo, quel meraviglioso giardino, ogni giorno, dalla finestra della sua casa godere della sua bellezza inaddomesticabile.

“Ma il giardino lo ha sempre saputo” hanno commentato entrambi alla fine del commovente empatico ritratto (io mi sono commosso) di Loredana Germani, del resto non nuova a regalarci bei flash biografici di scrittori nella sua rubrica sulla Lampada. Insomma, ve l’ho raccontata male e a modo mio, questa lezione. Ma di sicuro vi ho fatto venir voglia di andarvela a ascoltare e a vedere, ecco il link. Ve lo do come esercizio, sentite la lezione per intero, vi assicuro che non ve ne pentirete. La prossima volta vi interrogo. A presto.

Ascolta “"Quando il nemico da battere è il caso" di Loredana Germani e Paolo Restuccia” su Spreaker.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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