Dopo il successo de Le ragazze in cui narrava di una comunità simile alla family Manson, Emma Cline torna al pubblico dei lettori con una raccolta di racconti.
Storie di persone alle prese con i fallimenti, o con le perdite, o con la semplice difficoltà di vivere. Tutti immersi nelle macerie del sogno americano.
L’alienazione è il filo rosso che unisce i protagonisti che vengono fraintesi o fraintendono, o si cacciano in situazioni pericolose o patetiche per sfuggire al senso di solitudine.
Un padre capisce che alla famiglia, apparentemente perfetta, riunita il giorno di Natale, non importa nulla dei ricordi condivisi, delle difficoltà o delle presunte gioie. Ognuno è preso dal suo personale momento, e piano piano viene fuori il non detto: in passato il padre è stato un uomo violento e anche se l’argomento non è stato più affrontato, la famiglia felice non ha smesso di ricordarlo.
Una commessa vende la sua biancheria intima a uomini sconosciuti, per compensare il senso di vuoto che le dà affrontare il fatto che non ha successo come attrice, e si ritrova bloccata in una macchina con uno sconosciuto che, realizza, tentando di aprire la portiera, può farle qualsiasi cosa.
Un padre scopre che il figlio appena maggiorenne è in pratica uno sconosciuto amorale e malvagio, che ha bullizzato e seviziato, con i suoi coetanei, un compagno di scuola. Convocato dal Preside, nel lungo viaggio in treno verso il collegio esclusivo, alle prese con antidepressivi e stabilizzatori dell’umore, piccole pastiglie dal colore invitante delle caramelle gommose, ripensa al divorzio e ai tradimenti, alla sua instabilità emotiva che lo porta a cercare la compagnia di donne sposate, perché meno impegnative. Di fronte ai misfatti del figlio non riesce a far altro che accettare il suo fallimento genitoriale, e in una cena con il figlio e la sua amica capisce di non avere alcun ascendente su di lui, e di non voler recuperare nessun rapporto, di fronte alla spietata indifferenza del ragazzo.
Un ragazzo va a lavorare dal fratello della sua ragazza incinta e scopre un mondo di lavoro nero e abusi sessuali, e, quando prova a raccontarli alla sua fidanzata si accorge che a lei non interessa, che lei si sta comunque costruendo un futuro all’Università, nonostante il bambino, e che in un saluto distratto e fugace la vede, in una rivelazione, come una perfetta estranea.
Buoni e cattivi modificano i loro atteggiamenti, in modo che ognuno sia isolato con il proprio bagaglio di inquietanti attese e promesse non mantenute. Nessuno è abbastanza saldo in un ruolo da creare simpatia nel lettore. Tutto sfuma, nell’alba metallica e semi alcolica e drogata di un futuro incerto e ingannevole, al punto che è meglio restare ancorati ai desideri, anche quelli destinati a cambiare.
Siamo questo, destinati a non essere mai abbastanza autentici da meritarci un posto stabile nel mondo. Aleatori e dominati dai nostri bisogni egoistici che, per noi che li proviamo, meritano sempre di essere soddisfatti.
L’ultima volta che lo fece il tipo le diede appuntamento alle quattro del pomeriggio nel parcheggio del grande supermercato vicino a dove abitava lei. Era un momento particolare della giornata, quell’ora triste in cui il buio sembra levarsi da terra mentre il cielo è ancora azzurro e luminoso. Le ombre dei cespugli si stagliavano sulle case acquistando profondità e cominciando a fondersi con quelle degli alberi. Lei aveva un calzoncino di cotone e una semplice felpa, di quelle che portava al lavoro, non si era nemmeno presa la briga di farsi bella.
Il tipo sembrava impaziente, anche se erano tutti e due in anticipo. Sospirò, per dare mostra del suo fastidio. Lei aveva il sacchetto di carta con dentro le mutande nella busta di plastica.
-Dovrei…-Fece per dargli il sacchetto.
-Sali in macchina,-la interruppe lui, allungando il braccio per aprirle lo sportello.-Un attimo solo.
Alice esitò, ma non quanto avrebbe dovuto. S’infilò dentro e chiuse lo sportello.
Aveva fatto per pigiare il bottone il bottone che sbloccava le serrature, ma Alice era ancora aggrappata alla maniglia, fuori di sé, il cuore che le strepitava in petto.
-Rilassati,-le aveva detto.- Se non la smetti di tirare non si sblocca.”