“Canta, Spirito, Canta” di Jesmyn Ward (NN Editore)

Ognuna delle voci narranti ha con sé un segreto che si dipana come le scie sbuffanti di un aereo in un cielo luminoso

Il mondo magico che si frammenta e si unisce a noi che siamo nel mondo di quelli che respirano. Il dolore. L’amore è il ricucire di uno strappo, un lenitivo potente per l’anima mentre dà sollievo e piacere al corpo. Un romanzo corale, ambientato nel profondo sud, nel Delta del Mississippi di Faulkner, con la voce dei protagonisti eredi degli ex schiavi, costretti a vivere con il mondo minaccioso, arrogante e violento dei bianchi.

Presentato al pubblico italiano come il secondo volume di una trilogia, è in realtà un romanzo autonomo, che si è aggiudicato nel 2017 il National Book Award for fiction.

La potenza lirica e il mondo evocato dalla Ward mi ha fatto ripensare a Toni Morrison, al suo circoscrivere la realtà della sua narrazione agli afroamericani, un mondo incomprensibile per la maggioranza WASP.

Dopo l’uragano Katrina, la popolazione di Bois Savage, è stremata, affaticata, e per la famiglia di JoJo è tutto difficile. Jojo ha 13 anni, una sorellina di 3 anni, Michaela detta Kayla, una mamma che lo messo al mondo a 17 anni, Leonie, e che è troppo sballata e stravolta per essere una madre, un padre in prigione per spaccio, e due amorevoli nonni di colore, Mam e Pop, che si occupano di lui e di Kayla.

Jojo e Kayla hanno anche altri due nonni, che non sono minimamente interessati a loro, perché sono mulatti, e li odiano perché sono l’immagine dell’amore e del desiderio che il loro padre bianco, Michael, prova per una nera.

Ma le complicazioni della vita di Jojo sono anche legate al suo dono di vedere e parlare con gli spiriti inquieti dei morti, quelli che non riescono a entrare nel mondo che li aspetta, e vagano alla ricerca di visibilità, legati ai luoghi e alle persone che li attraggono, e che, forse, possono dargli delle risposte sulla vita  che è stata interrotta in maniera violente.

Il tempo di Jojo inizia prima che lui abbia inizio, quando il fratello di sua madre, Given, dopo aver vinto un torneo di gara al tiro con l’arco è stato ucciso da un cugino del padre, che allora, non era ancora suo padre.

“Non doveva vincere. Doveva perdere”. Le uniche parole di un omicida piagnucoloso e indegno. Lo zio decide che è possibile, visto che la vittima è un nero, che si può provare a sostenere l’omicidio involontario a seguito di un incidente di caccia. Questo è quello che accade, che può accadere, nel paese considerato emblema della democrazia. La faccia brutale dell’America.

Dopo la lieve condanna dell’omicida del fratello, Leonie sprofonda nella disperazione, e riemerge in cerca d’aria quando, Michael, quasi spinto da un bisogno di esorcizzare il disgusto verso i suoi parenti, ai quali comunque è unito da un legame oscuro, le si avvicina.

Dovevo ricordarlo a me stessa: Loro non sono come noi. Michael era chino sulle nostre lenze e i suoi occhi cambiavano colore di continuo come le montagne di nuvole che salgono in cielo prima di un gran temporale: azzurro cupo, grigio acqua, verde di fine estate. Volevo la bocca di Michael su di me, perché dal primo momento che l’avevo visto attraversare il prato per raggiungere il punto dov’ero seduta all’ombra dell’insegna della scuola, lui aveva visto me. Aveva visto oltre la mia pelle color caffè senza una goccia di latte, gli occhi neri, le labbra scure come prugne, e aveva visto me. Aveva visto la ferita aperta che ero, ed era venuto a medicarmi.

La ferita aperta della morte del fratello non è destinata a placarsi, e a un certo punto Leonie comincia a vederlo, seduto, in piedi, accanto a lei in macchina, quando insieme ai figli e a un’amica decide di andare a prendere Michael alla fine della pena in un campo di lavoro e prigionia a nord dello stato, il luttuoso luogo noto come Parchman.

Anche Pop, il nonno di Jojo che gli ha fatto da padre, da ragazzo, a 15 anni, per uno sbaglio trascurabile, e senza processo ha scontato 5 anni. Lì, in quel luogo di umiliazione e follia, “dove esistono persone cattive che godono nel far male agli altri, come se si sentissero più leggere”, ha incontrato il piccolo e tenero Richie.

Nel viaggio verso Parchman Jojo inizia a vedere lo spirito di Richie, attratto da lui per la sua parentela con Pop, che all’epoca era noto solo come River. Richie è intrappolato nella terra di mezzo, e ha bisogno di verità sui suoi ultimi istanti di vita.

Ognuna delle voci narranti ha con sé un segreto che si dipana come le scie sbuffanti di un aereo in un cielo luminoso, a tratti accecante, di un mondo crudele oltre ogni immaginazione. E che pure conserva, per qualcuno abbastanza puro da crederci, la possibilità di una salvezza.

Casa vuol dire terra. È quando la terra ti accoglie. Quando ti attira e ti stringe così forte che lo spazio tra te e lei scompare e siete una cosa sola, e la terra pulsa come se fosse il tuo cuore. Allo stesso ritmo. Dove viveva la mia famiglia… è un muro. È un pavimento duro, legno. Cemento. Nessuna apertura, nessun cuore che pulsa. Niente aria.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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