Ne abbiamo bisogno, suvvia. Sanremo è l’Italia che canta, è il calore nazional popolare di cui necessitiamo per sentirci un po’ più uniti. Ci scalda in un momento storico in cui le relazioni sono fredde e distanti. Una cioccolata bollente fusa su una fredda coppa di gelato in metallo, seduti davanti al camino d’inverno dopo una lunga passeggiata all’aperto.
Io Sanremo l’ho visto una sola volta. Nel 2001 quando Eminem si burlò della censura italiana e inchiodò il nostro tenero bel paese alla croce delle sue rime. Rimò sul palco con maestria il desiderio di potersi accoppiare con sua madre senza preservativo, con tanto di dito medio ai critici e alla platea dell’Ariston sconcertata. Erano altri tempi, tempi gustosi di contenuti. Sanremo ne ha vissute tante, come un gelato tradizionale crema e cioccolato leccato da milioni di persone che continueranno a farlo anche quando il sapore comincerà a sbiadire con il tempo. Eppure l’idea di quel gelato ormai insipido, riporta lo spirito in equilibrio nel passato. Il bisogno di immergersi nei ricordi va oltre il senso del gusto e per questa ragione la giostra all’Ariston si ripeterà in eterno.
Il festival della canzone italiana è un’illusione che funziona, per chi lo segue è e sarà sempre intramontabile, a prescindere dal sapore.